Jodorowsky riappare sul grande schermo

Arriva in Italia l'autobiografico "La danza della realtà", denso di sogni e di fantasmi

Jodorowsky riappare sul grande schermo

«Siamo in guerra: distribuire un film d'arte è lotta», spiega l'icona underground d'origine ebraico-ucraina Alejandro Jodorowsky, nei Settanta autore di film decisivi come La montagna sacra (1973), El Topo (1971) e Santa Sangre (1988), opere visionarie che facevano volare sale e cineclub. Adesso, a 85 anni ben portati, il regista-immagine dalla controcultura, riscoperta dai giovani, torna alla ribalta con La danza della realtà (dal 30), autobiografia immaginaria densa di sogni e fantasmi. Distribuito avventurosamente dalla società Garabombo, che punta al cinema d'autore e porta l'artista cileno in tournée lungo la penisola - ieri Roma, poi Bologna, Firenze, Trieste e Napoli -, il film «non è un malinconico Amarcord felliniano, perché per me il passato è trasformabile», per dirla con Jodorowsky. Il quale ambienta a Tocopilla, città «profumata di pietre», la storia della sua infanzia, dolorosamente segnata da un padre devoto al culto di Stalin, nel Cile oppresso da un dittatore che questi vorrebbe uccidere, senza mai riuscirvi.

E se Alejandro bambino abbraccia, per solidarietà, un minatore affetto da scabbia, il padre-padrone, qui uno dei figli del fumettista e drammaturgo, Brontis, lo schiaffeggia chiamandolo «maricòn», frocio... «Mio padre non era cattivo, ma nei Venti girava una malattia tipo Ebola. Nelle miniere di rame si usava la dinamite e i minatori perdevano gli arti, si ammalavano, si ubriacavano con l'alcool delle lampade», narra il drammaturgo, che ha prodotto il suo film, mettendo da parte il denaro necessario, grazie ai fumetti. «Non voglio film al servizio dell'ego d'una star. Oggi il cinema è solo intrattenimento: la gente ci va idiota, si rilassa e torna fuori idiota. Ma dov'è l'arte, distributori codardi, che volete solo film d'azione?», chiede l'eterno provocatore, che molto deve all'Italia.

Fu a Firenze che scoprì la poesia. «Passeggiando in una stradina di Firenze, vidi una piccola libreria: entrai, vi si svolgeva una lettura di poeti come Gregory Corso e Ferlinghetti. Volli leggere anch'io il mio Poema sui Tarocchi e fu un successo», ricorda il collaboratore di Moebius e di Milo Manara.

Fautore della psicomagia, «arte di cura» che mira a una progressiva acquisizione di coscienza e che Jodorowsky ha mutuato dal futurista Marinetti («la poesia è un atto poetico», cita lui), è anche un esperto dei tarocchi, che porta sempre in tasca, dentro un involucro di seta color amaranto. Il regista Nicolas Winding Refn, per esempio, se li è fatti fare di recente...

Per la gioia dei fans dello scrittore-sciamano Carlos Castaneda, poi, Jodorowsky ha pure raccontato di quando ne ricevette una spinta, che lo catapultò a 50 chilometri di distanza. «Ho sognato? Era vero?». È quanto ci chiediamo anche noi, dopo aver visto La danza della realtà .

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