Quei "segni del Cielo" che ci cambiano la vita

Vittorio Messori si addentra nei "piccoli misteri quotidiani", raccontando molte esperienze personali

Quei "segni del Cielo" che ci cambiano la vita

«È d'urgenza drammatica che la Chiesa ponga fine al suo silenzio circa il Soprannaturale». Questo grido quasi angosciato del cardinale Carlo Caffarra, da poco defunto ex arcivescovo di Bologna, apre l'ultimo libro di Vittorio Messori, Quando il Cielo ci fa segno. Piccoli misteri quotidiani (Mondadori, pagg. 152, euro 17). E lo chiude, dopo aver narrato episodi (beneficamente) inquietanti della sua vita. E c'è un'altra frase del compianto (da non tutti, essendo stato il de cuius sottoscrittore dei famosi Dubia indirizzati al Papa) cardinale che introduce al libro: «Nessuna tradizione religiosa vanta come il cristianesimo tanta sovrabbondanza di fenomeni straordinari». Non solo. Detti fenomeni «solo nella Chiesa cattolica sono sottoposti a verifica da esperti di ogni disciplina, non necessariamente cattolici. Basti pensare a quell'unicum nelle religioni che è il Bureau Médical di Lourdes». Per giunta, l'unica università con una cattedra di «paranormale» è un ateneo pontificio. Infatti, il cristiano è tenuto ad «esaminare tutto» per «ritenere ciò che è buono», secondo l'insegnamento di san Paolo. Diversamente dall'ateo, il quale si rinchiude da solo in una gabbia in cui, secondo lui, esiste soltanto ciò che si vede e si tocca.

UN libro di miracoli, dunque, quello di Messori? No, non nel senso classico del termine almeno. L'autore si limita a raccontare quello che è successo a lui, e che non è spiegabile con le consuete categorie razionaliste. Per esempio, quando era un giovane giornalista, un giorno in cui era particolarmente triste si trovò a passeggiare lungo i Murazzi di Torino, a osservare cogitabondo le acque del fiume Po. Un pensionato lo avvicinò e, credendo volesse suicidarsi, lo dissuase con parole di cristiano buonsenso: il suicida crede di liberarsi dal dolore e trovare la pace, ma nell'aldilà può anche finire peggio. Poi lo accolse in casa sua per un tè coi biscotti. Poco tempo dopo, ritrovato il buonumore, Messori tornò a trovarlo. Per scoprire, come gli dissero i vicini, che quella casa era vuota da anni. Diventato scrittore famoso, tra i tanti lettori che gli scrivevano, una era particolarmente affezionata e gli scriveva una volta al mese, aspettando ansiosa la risposta. Una volta questa tardò, lei si rivolse a Padre Pio ed ebbe la risposta il giorno stesso della spedizione, come testimoniato dal timbro (a 300 km di distanza). Già, Padre Pio, il cui «metodo pastorale» improntato a severità «attirava le folle, in una Chiesa che le rare volte in cui accenna al giudizio divino rimuove la giustizia e parla solo di misericordia, censurando così pagine e pagine dell'intera Scrittura». Padre Pio e il suo «cattolicesimo non amputato come quello di certi credenti maturi che scoprono, dopo cinque secoli, una secchezza disadorna alla maniera calvinista. O anche alla luterana». Quel Padre Pio che, invocato dalla moglie, salvò Messori da morte certa per un boccone andato per traverso. In tempi più recenti, l'autore dovette procrastinare l'invito a un convegno accademico sul beato Faà di Bruno, da lui biografato a suo tempo col libro Un italiano serio. Motivi di salute. Ebbene, un giorno la colf gli chiese chi fosse un certo Faà di Bruno che aveva appena sognato. Nel sogno, il Beato gli aveva detto di riferire al suo «capo» che al convegno poteva andare senza problemi. L'ambientazione del sogno non lascia adito a dubbi, né i particolari dello stesso, particolari che solo Messori poteva riconoscere come autentici. Ancora: «Il 7 novembre 1999 una tromba d'aria sradicò qui molti alberi. Tra essi, un'imponente conifera che, schiantandosi, arrestò la sua violenta caduta a pochissimi centimetri dal capo della statua della Madonna, allora allo scoperto. L'evento, contrario a ogni legge di natura», avvenne nel piccolo santuario all'aperto che Messori stesso aveva fatto costruire nell'abbazia di Maguzzano, vicino a Desenzano del Garda. In quel luogo, con vista lago, Messori aveva invano chiesto di poter ricavarsi uno studiolo in cui lavorare e portare parte della sua sterminata biblioteca. Spiacente, l'abate ricusò: quello era un monastero. Messori non demorse e si rivolse al fondatore, san Giovanni Calabria, nella preghiera. L'indomani stesso ricevette, dal superiore dell'abate, il desiderato consenso per telefono. In cambio, come promesso al Santo, si diede al restauro di quell'antica abbazia (e arrivarono, non richiesti, pure gli aiuti economici).

Bisognerebbe fidarsi di più dell'angelo custode, e ricorrervi anche per «i piccoli drammi, come la perdita delle chiavi dell'auto quando hai un appuntamento, importante per la salute, all'ospedale o come l'improvvisa (e grave) avaria del computer mentre stai scrivendo cose religiose da consegnare al più presto». Il Cielo ci fa segno, e spesso lo chiamiamo «coincidenza» o «caso» perché ci ostiniamo a non voler capire.

Ma non si deve disprezzare chi si ostina: «Se la fede è davvero un dono gratuito del Cielo, non ci è lecito aggredire, magari detestare chi quel dono non ha ricevuto. Sarebbe come insultare un paralitico perché non è in grado di camminare».

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