Super compositori prima all'estero, poi in patria

«Musica piena di segreti sussurrati e spirali vertiginose». Così scriveva il Financial Times del compositore Aureliano Cattaneo, classe 1974. Il critico aveva visto giusto, quel ragazzo avrebbe fatto strada. Intanto quella per l'estero: esecuzioni e applausi anche fuori dal Paese e una cattedra a Barcellona. Ultimamente l'Ircam-Centre Pompidou che gli ha commissionato un nuovo pezzo per pianoforte ed elettronica (presentazione in anteprima il prossimo 10 giugno al festival Manifeste), tanto per dirne un'altra. Tutto ciò in attesa che il Belpaese arrivasse a dire chiara anche la sua. Così, recentemente, a Cattaneo è stato assegnato il prestigioso Premio Abbiati per l'opera da camera Parole di settembre, un complesso e affascinante lavoro che l'autunno scorso ha aperto il 59º Festival di Musica Contemporanea della Biennale di Venezia. Un riconoscimento per la categoria «Novità per l'Italia». Una storia non rara: giovani compositori di talento e preparatissimi che partono, oltreconfine hanno successo, poi ma non sempre le loro opere circolano meglio anche da noi. Non è il caso di iniziare la litania dei cervelli-in-fuga, perché nomi nostrani di prima grandezza che restano in zona ce ne sono. Ma in certi casi, vien da dire, se «alcuni cervelli» non fossero migrati, almeno al principio, qui forse avrebbero combinato meno.

La lista degli autori contemporanei italiani partiti oppure che viaggiano di continuo è lunga; sono in Francia, Germania, Paesi scandinavi, c'è chi è andato in Canada. Posti dove, magari, per idee e progetti danno qualche finanziamento in più.

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