Lo hanno scovato in un piccolo cantiere a Villanueva in Spagna, vicino Barcellona, i templari della famiglia Cuomo di Napoli. Abbandonato. Cotto dal sole. Consumato dal salmastro. Con i chiodi arrugginiti. I fascioni di legno ammuffiti. Le vele strappate. Il timone ridotto praticamente a pezzi. Nel 1929 era stato il primo dodici metri di stazza internazionale italiano. Una barca storica. Commissionata nel 1928 ai cantieri Baglietto di Varazze dal marchese Spinola. Pagata, si legge in un documento originale, 260mila lire. Oggi non ha prezzo. Veloce più delle altre concorrenti dell'America's cup. Elegante e sofisticata negli arredi. Il Santo Graal della vela nei prossimi giorni tornerà a Genova. Nella sede dello Yacht club italiano, grazie al presidente Carlo Croce e all'armatore Federico Cuomo e dopo tre anni di restauro, il dodici metri La Spina sarà pure visitabile al pubblico da sabato 18 ottobre a domenica 26. Basta prenotare il giro a bordo telefonando al numero 3493301940. Lo scafo è a disposizione dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 17.
Ieri mattina nella sede di porticciolo degli Abruzzi c'è stata l'anteprima in occasione del salone nautico e della presentazione da parte di Cuomo, Croce, della storica Annunziata Berrino, che ha ricostruito le vicende della barca dal Ventennio ai giorni nostri, della direttrice della galleria nazionale di palazzo Spinola Farida Simonetti.
Durante il restauro, realizzato nei cantieri di Nino Aprea a Napoli, sono stati impiegati una ventina di operai altamente specializzati, quasi tutti maestri d'ascia. Sono stati pure utilizzati i disegni architettonici dell'epoca e materiale naturale con stucchi, rame, zinco e altri, senza l'impiego delle nuove tecnologie ma seguendo scrupolosamente tutto come si faceva ottanta anni fa. Risultato, un'opera d'arte e di cultura al primo posto nel mondo. E, come ha sottolineato lo skipper di la Spina, altro che vecchia signora del mare. Si è ricostruito uno scafo che viaggia come un siluro.
Proprio come lo voleva Franco Spinola. Esperto yachtman, il marchese genovese voleva infatti indicare allo yachting italiano la strada da intraprendere per partecipare alle grandi competizioni mondiali. Chiese quindi a Baglietto una barca veloce, con spiccate doti di tenuta del mare, ma nello stesso tempo confortevole e elegante. Da qui la peculiarità, rigorosamente mantenuta nella ristrutturazione di oggi, dell'imbarcazione. Nonostante le finissime linee di carena, La Spina fu dotata di comodissime sistemazioni interne. Il tutto realizzato in pregiate essenze di mogano e acero. Il marchese possedeva estesi vigneti tra Liguria e Piemonte nei quali produceva il vino Ovada. In onore e ricordo della spina di botte, diede così il nome alla sua imbarcazione. Il mancato sviluppo in Italia della classe 12 metri e l'assenza di altre imbarcazioni con le quali competere nel Mediterraneo, portarono già nel 1930 alla trasformazione del dodici metri in un elegantissimo yacht da crociera, che nel 1938 fu acquistato da Gian Augusto Salina Amorini Bolognini, un nobile bolognese. Principi, petrolieri, intellettuali, industriali, attrici, furono ospitati durante gli anni ruggenti prima della Seconda guerra mondiale, nelle cabine dello yacht.
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