Coronavirus

Belgio, campionato chiuso. Bogarelli: "Se accade qui, bagno di sangue per la A"

Il manager di Mediapro esperto di diritti tv: "Le pay tratterrebbero il 30%" (240 milioni)

Belgio, campionato chiuso. Bogarelli: "Se accade qui, bagno di sangue per la A"

Il Belgio ha chiuso i battenti. La lega calcio del suo maggior campionato ha deciso di fotografare l'attuale classifica e di decretare il Bruges, capo-classifica fino all'interruzione da coronavirus, vincitore del torneo. La ratifica è competenza della federazione ed è stata fissata per il 15 aprile. Non sono i primi cedimenti sul fronte calcistico europeo.

Altre notizie preoccupanti provengono dalla Francia e riguardano un tema scottante, i diritti televisivi: Canal Plus (azionista Vivendi) attraverso il suo numero uno, Maxime Saada, ha sospeso i pagamenti della rata finale del contratto per i club di serie a e serie B francesi con decisione unilaterale e per un valore di 110 milioni citando «causa di forza maggiore». Inevitabile trasferire una riflessione sul calcio italiano affidata a Marco Bogarelli, bocconiano, dapprima esponente di prima fila di Infront, la società poi passata sotto il controllo dei cinesi di Wanda, che trattava la cessione dei diritti tv italiani e adesso rappresentante di Media Pro, società spagnola che ha presentato nel 2019 una proposta alla Lega serie A per il triennio 2021-2024. «In verità non l'abbiamo mai ritirata quella proposta e anzi era prevista una risposta in questi giorni che non è arrivata per l'emergenza vissuta dal sistema calcio» la nota di Bogarelli per niente stupito di quello che è accaduto in Francia.

«La notizia proveniente da Parigi è la conseguenza della scelta, sbagliata dal mio punto di vista, di affidarsi a un unico soggetto per la cessione dei diritti invece di seguire la strada più volte suggerita e cioè la creazione di un canale della Lega capace di produrre le immagini del campionato e in grado di vendere a più protagonisti della tv il pacchetto valorizzandolo al massimo» è la prima spiegazione di Marco Bogarelli. La seconda, riferita allo scenario prossimo italiano, deve fare i conti con le notizie e le scene che arrivano dalle diverse regioni. «Di solito, in periodi di crisi, le prime rinunce da parte delle aziende riguardano la voce pubblicità: contratto questo mercato, ne risentiranno di conseguenza le televisioni. Le uniche attività che non sono investite dal fenomeno, al momento, sono quelle farmaceutiche e alimentari. Le notizie che giungono ogni giorno poi raccontano di consumatori italiani che non hanno risorse per la spesa quotidiana, figurarsi per l'abbonamento alla pay tv» la sua analisi.

Il nodo, anche qui, è il ritorno del calcio giocato prima dell'estate oppure no, questione aperta e fonte di velenose polemiche con posizioni contrapposte: Cellino del Brescia ha minacciato di non presentare la squadra, Ferrero ha utilizzato come paravento Gabbiadini, colpito dal contagio («chi glielo dice?»). Perché soprattutto in materia di diritti tv un conto sarà riaprire gli stadi, sia pure a porte chiuse, e un altro conto, in profondo rosso, chiudere la partita come ha fatto la lega belga. «Non dovesse finire in modo regolare il campionato, la trattenuta sui contratti originali potrebbe essere di circa il 30%» il calcolo di Bogarelli che punta i riflettori su un altro aspetto della situazione italiana. La stragrande maggioranza dei club di A e B, infatti, hanno già incassato la quota o cartolarizzato il credito presso le banche. Il contratto prevede il pagamento della cifra complessiva in serie A (poco meno di 1 miliardo più i 350 milioni per i diritti esteri) attraverso 6 rate bimestrali: la rimanenza attuale quindi sarebbe all'incirca di 240 milioni più Iva.

Ma se presidenti come Cellino e Ferrero, con l'appoggio di Cairo, insistono per interrompere definitivamente il torneo, la spiegazione è più complessa: l'eventuale retrocessione in serie B comporterebbe un crac finanziario vero e proprio.

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