Il dramma di Chernobyl, il miracolo di una bambina. L'inizio di questa storia, è malinconico e triste: la data è il 26 aprile del 1986. Il luogo è Chernobyl, teatro dell'incidente nucleare che ha avuto effetti devastanti. Fra le persone esposte alle radiazioni c'è Oksana, una bimba nata qualche anno dopo l'esplosione con delle malformazioni agli arti ma che nonostante tutto riuscirà a prendersi una immensa rivincita contro le avversità della vita: quella di essere stata eletta ai Laureus World Sports Awards - atleta disabile dell'anno.
Quella di Oksana Masters, è una storia da brividi. «Sono nata con una gamba più lunga dell'altra, le ossa non abbastanza forti. Avevo le mani palmate e senza pollici, i piedi con sei dita e un solo rene. Tutti difetti dovuti alle radiazioni di quando ero nel grembo di mia madre». Abbandonata dai genitori dopo la nascita, Oksana trascorre i primi sette anni di vita in orfanotrofio. Quei momenti non se li scorda: «Ricordo l'ultimo dei tre orfanotrofi in cui ho vissuto. Era molto buio e c'era freddo. Il cibo scarseggiava. Si moriva, letteralmente, di fame. Ma ora cerco di concentrarmi solo sui ricordi felici: come i campi di girasoli, bellissimi, all'esterno della struttura». Poi la svolta inaspettata: una logopedista americana di Buffalo, Gay Masters, non sposata e senza figli, vede una foto di Oksana e decide di adottarla. Ci vogliono due anni prima che l'Ucraina revochi il divieto di adozioni straniere. «Quando arrivai negli Stati Uniti racconta oggi Oksana - mi domandavo: come mai questa signora ha scelto proprio me? Avevo così tanti difetti... Non dimenticherò mai il giorno in cui finalmente la incontrai. Le dissi, in ucraino: Ti conosco, sei mia madre, vedi che ho la tua foto?. E lei, in inglese, rispose: So che sei mia figlia. Ho sempre saputo che avrei avuto una mamma, dovevo solo aspettare. Lei è il mio eroe. Mi ha insegnato a combattere».
Oksana Masters non si arrende al destino, anzi dopo l'amputazione delle due gambe, una all'età di nove anni e l'altra a 14, trova nello sport una valvola di sfogo. Dieci anni dopo, sale sul podio alle Paralimpiadi di Londra 2012, nel canottaggio. Ma le Olimpiadi le ha fatte in tutte le maniere. Estive ed invernali. «Mi piace ambire a grandi obiettivi e vedere fino a che punto posso arrivare. Come Alex Zanardi, una leggenda che ho incontrato in occasione di eventi ciclistici. Ammiro i suoi successi e punto a fare lo stesso nel ciclismo nella categoria H5 femminile. Cerco di dimostrare alle persone che non ci sono sogni troppo grandi e impossibili da raggiungere». Due anni dopo Londra, Oksana prende parte ai Giochi Paralimpici invernali a Sochi, città russa non lontana dalla sua terra natìa: «Non sono mai tornata in Ucraina, anche se rivela - ho visto la serie tv su Chernobyl. Fa rabbia, ancora oggi, rivedere certe immagini». Dopo un argento e un bronzo nello sci nordico a Sochi, da Rio torna a casa senza medaglie. L'exploit arriva a PyeongChang: ben cinque medaglie, due di queste d'oro, tra fondo e biathlon. Ora le manca solo l'oro alle Paralimpiadi estive: ci proverà a Tokyo nell'handbike. Coronavirus permettendo. «Mi dispiace quanto sta succedendo in Italia con il covid-19. Spero che la mia storia di sopravvivenza possa essere da esempio per chi sta combattendo. Credo davvero che tutti noi abbiamo storie uniche da cui possiamo imparare».
A Tokyo le partite di softball si giocheranno a Fukushima, sede
di un altro disastro nucleare. «Solo perché si sono verificati eventi così tragici non significa che altri grandi eventi non possano aver luogo. Spero di poter visitare quel posto. Anche lì è pieno di girasoli. Li adoro».
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