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Filosofo Ekdal. Dà un calcio all'omofobia

Filosofo Ekdal. Dà un  calcio all'omofobia

Un filosofo e poeta svizzero diceva che la verità non solo è violata dalla falsità, ma anche oltraggiata dal silenzio. Albin Ekdal è svedese, non svizzero, un calciatore non un filosofo, ha giocato in Svezia, Italia e Germania, ed ha imparato che il silenzio nel calcio spesso nasconde un oltraggio più profondo: l'impossibilità di sentirsi accettato in uno spogliatoio, su un campo se, per esempio, ami una persona dello stesso sesso. Il silenzio accompagna i giocatori gay, il silenzio dei giocatori gay condanna un ambiente: questo il succo di un discorso che ieri ha inviato, in un video messaggio, al Parlamento europeo per l'incontro Sport vs omofobia. Ekdal ha 30 anni, una moglie che ama dall'età di 17 anni, è un ragazzo solido nel pensiero: quanto un filosofo. Molto sensibile a questo argomento: ne parlò in estate ad un giornale svedese, ieri ha ripetuto i concetti davanti all'Europa. «Tutti dovrebbero sentirsi liberi di fare coming out: nello sport e nella vita. Purtroppo nel nostro sport non è così: solo 8 giocatori si sono dichiarati omosessuali. Altri vorrebbero farlo ma evitano per timore delle reazioni. Che società siamo se un ragazzino non può inseguire il sogno di giocare per paura delle tendenze sessuali? È una sconfitta per tutto il nostro mondo». Al quotidiano svedese, Ekdal aggiunse che i calciatori dovrebbero prendere esempio dalle calciatrici: «Un mondo molto più aperto. Le ragazze sono più intelligenti ed evolute nelle relazioni di gruppo». Anche gli atleti di altri sport si sono evoluti e, quando giochi, non conta chi ami: per tutti. Il calcio maschile e maschilista è rimasto al più retrivo medioevo.

Ed Ekdal esprime concetti ancora troppo intelligenti per una tribù marchiata dall'ignoranza: solo il tempo potrà dargli una mano.

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