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Nel nuoto spunta la categoria transgender: la decisione

La Fina ha deciso che istituirà un gruppo di lavoro con l'obiettivo di stabilire una categoria di competizione aperta agli atleti indipendente dal loro sesso biologico

Nel nuoto spunta la categoria transgender: la decisione della Fina

Un primo passo verso l'inclusione degli atleti transgender. La Fina, l'organo di governo mondiale del nuoto, ha votato per impedire agli atleti transgender che hanno attraversato la pubertà maschile di competere nelle gare d'élite femminili: tuttavia, al fine di non escludere gli stessi dalle competizioni e per strizzare l'occhio al mondo Lgbtq e all'ideologia gender, l'ente mondiale del nuoto ha deciso che verrà creata una nuova "categoria" per nuotatori la cui identità di genere è diversa dal sesso di nascita. La nuova politica, approvata con il 71% dei voti da 152 membri della Fina, è stata descritta come "un primo passo verso la piena inclusione" per gli atleti transgender, dopo mesi di polemiche per la partecipazione di questi ultimi alle gare femminili.

Il documento politico di 34 pagine afferma che gli atleti transgender - nati biologicamente maschi - sono idonei a competere nella categoria femminile "a condizione che non abbiano sperimentato alcuna parte della pubertà maschile oltre il 'Tanner Stage 2', che segna l'inizio dello sviluppo fisico, oppure prima dei 12 anni". La decisione è stata presa durante un congresso generale straordinario a Budapest.

"Approccio basato sulla scienza"

Come ha spiegato Brent Nowicki, direttore esecutivo della Fina, "l'approccio di Fina nella stesura di questa politica è stato completo, basato sulla scienza e inclusivo e, soprattutto, ha enfatizzato l'equità competitiva". La nuova politica dell'ente mondiale giunge dopo aver recepito il rapporto redatto da una task force composta da figure di spicco del mondo della medicina, della legge e dello sport. Il presidente della Fina, Husain Al-Musallam, ha affermato che l'organizzazione sta cercando di "proteggere i diritti dei nostri atleti di competere" ma anche di "proteggere l'equità competitiva", secondo quanto riportato dalla Bbc.

Ha poi aggiunto che l'ente "accoglierà sempre ogni atleta". La creazione di una categoria aperta, ha aggiunto, "significherà che tutti avranno l'opportunità di competere a livello d'élite. Non è stato fatto prima, quindi Fina dovrà aprire la strada. Voglio che tutti gli atleti si sentabo coinvolti nella possibilità di sviluppare idee durante questo processo". L'ex nuotatrice britannica Sharron Davies, che si è opposta alla partecipazione degli atleti transgender nelle gare di nuoto femminili insieme ad altre 60 medaglie olpimpiche, ha dichiarato a Bbc Sport di essere "davvero orgogliosa di Fina". Secondo Davies, la federazione ha finalmente "scelto la scienza". Il nuoto è uno sport molto inclusivo, ha osservato, amiamo che tutti vengano a nuotare ed essere coinvolti, "ma la pietra angolare dello sport è che deve essere giusto e deve essere giusto per entrambi i sessi".

Ma le associazioni Lgbt insorgono

La decisione della Fina di impedire agli atleti transgender di partecipare alle competizioni femminili non piace per nulla alle associazioni Lgbt. Queste ultime, ignorando completamente la realtà biologica - una persona che nasce uomo ha caratteristiche fisiche completamente diverse da chi nasce donna, piaccia o meno a codeste associazioni - affermano infatti che la politica della Fina è "discriminatoria". Così la definisce Athlete Ally, un gruppo che difende le persone Lgbtq, sottolineando che si tratta di una politica "dannosa, non scientifiza e non in linea con i principi dell Comitato Olimpico Internazionale". Secondo l'associazione, infatti, i criteri di ammissibilità per la categoria femminile, così come sono stabiliti, "controllano i corpi di tutte le donne e non saranno applicabili senza violare gravemente la privacy e i diritti umani di qualsiasi atleta che cerchi di competere". Un ragionamento pazzesco. Per rendere tutto "inclusivo" queste associazioni vorrebbero distruggere l'essenza stessa dello sport, eliminando ogni tipo di regola con il pretesto dei diritti e con la consueta dose di vittimismo.

Eppure è sotto gli occhi di tutti che un atleta transgender gode di vantaggi dettati dalla struttura fisica talvolta insormontabili per le atlete donne. A far discutere, di recente, era stata il caso di Lia Thomas, la nuotatrice che il 17 marzo scorso si è aggiudicata il primo posto nelle 500 yard stile libero femminili del campionato Ncaa americano.

Con le nuove regole votate dalla Fina, Lia Thomas non potrà partecipare alle prossime olimpiadi, almeno nella categoria femminile.

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