Coronavirus

Svizzera e Germania a due velocità

La federazione elvetica accelera, i club frenano: "Non siamo la Juventus"

Svizzera e Germania a due velocità

Sono stati i primi a chiudere, ma non a gettare la spugna. In Svizzera si prova a far ripartire il calcio, quantomeno i due campionati professionistici, la Super League e la Challenge League, fermi dal 23 febbraio. È la decisione presa dalla Federcalcio elvetica (SFL) che, in collaborazione con l'Istituto di malattie infettive di Berna, ha elaborato un dossier di 33 pagine su ripresa degli allenamenti e organizzazione di partite a porte chiuse. Due le opzioni, rivelate dal quotidiano Blick: ripresa degli allenamenti il 27 aprile a piccoli gruppi senza contatti fisici, quindi allenamenti normali dal 4 maggio e partite dal 20 maggio; oppure allenamenti con contatto fisico dall'11 maggio e gare al via dal 30. In entrambi i casi la SFL prevede un accesso limitato a 200 tifosi nelle gare di Super League e 140 in Challenge, e non esclude nemmeno di disputare tutti gli incontri di una singola giornata (ovvero 5) in un unico stadio, spalmandole lungo il weekend.

Ipotesi che non sono state accolte favorevolmente da numerose società. Lugano e Chiasso hanno dichiarato di «non essere la Juventus», e di non potersi permettere i costi di tamponi e test sierologici previsti dal piano della SFL per ciascun giocatore e membro dello staff. Il presidente del Sion Christian Constantin, già noto in passato per la sua battaglia legale contro l'Uefa di Michel Platini, è stato ancora più drastico. Al Corriere del Ticino ha dichiarato che «il calcio non può ripartire perché è un vettore di contagi, sugli spalti e in campo. E le porte chiuse sono la fine di questo sport: non c'è emozione». Un mese fa Constantin aveva licenziato nove giocatori della rosa che avevano rifiutato il lavoro ridotto, istituto che però in Svizzera si applica solo ai contratti a tempo indeterminato. Recentemente ne sono stati reintegrati quattro, poiché, a detta del presidente, hanno cambiato idea. Tra gli esclusi figurano invece l'ex Barcellona Song e l'ex Roma Doumbia, che hanno promesso battaglia legale «Ma senza partite», ha ripreso Constantin, «non possiamo garantire i salari, e senza il lavoro ridotto il calcio svizzero sarebbe già morto. La Confederazione prenda nota».

Anche Germania e Austria possibiliste. Il ministro della Salute tedesco ha definito «pensabile» un ritorno in campo il 9 maggio. Il protocollo della commissione medica interna istituita dalla Bundesliga ha evidentemente convinto le parti, club inclusi, alcuni dei quali già si stanno allenando. Il Bayern Monaco, ad esempio, con gruppi di 4-5 giocatori, scelta imitata anche dal Friburgo. Stesso discorso per l'Austria, con le squadre tornate ad allenarsi a piccoli gruppi e con le mascherine.

Partite ovviamente a porte chiuse e rigide regole per gli allenamenti, dal controllo preventivo degli hotel alla creazione di spazi dedicati fino alla regolazione della temperature delle stanze A 21 gradi.

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