Il tecnosport va a marcia indietro

L'ultimo caso del saltatore con protesi, costumoni, tute da sci, bici-lavatrice: lo sport ha frenato il doping tecnologico

Il tecnosport va a marcia indietro

Non è semplice questione filosofica o di principi, ma la realtà. La tecnologia corre troppo per lo sport e spesso finisce per metterlo in crisi. Un rapporto fatto di un passo in avanti e di tre indietro. Tra imbarazzi e contraddizioni. L'ultimo caso si chiama Markus Rehm. È un atleta disabile, ha una protesi sotto il ginocchio destro, pressoché identica a quelle celebri di Oscar Pistorius. Autorizzato a gareggiare con i normodotati, ha vinto il titolo nazionale tedesco del salto in lungo. Ma ai Campionati Europei non ci andrà, al suo posto ci sarà il secondo, piazzato ma in possesso dei requisiti, cioè delle due gambe naturali. E così la federazione tedesca ha fatto un salto indietro per evitare un'altra diatriba come fu per Pistorius escluso dalla federazione, ma ammesso a gareggiare da un tribunale. La contraddizione è evidente: Rehm può gareggiare in “casa”, ma non in Europa. Il caso è sui tavoli dell'atletica mondiale ancora una volta messa spalle al muro dalla tecnologia. Questione etica e di vantaggi perché nel caso specifico la protesi verrebbe usata come leva al momento dello stacco.

Siamo ai confini del cosiddetto “doping tecnologico”, quello che ha toccato ciclismo, prima, e nuoto, dopo, sconvolti dalla bicicletta lavatrice di Obree e dai famosi “costumoni”. Il mondo delle due ruote nel duemila fu costretto a cancellare tutti i record dell'ora ottenuti dopo quello di Merckx. Una disciplina snaturata dai progressi tecnologici: dalle ruote lenticolari di Moser a Città del Messico passando appunto per Obree fino alla bici speciale di Boardman, il cui record dall'inizio del nuovo millennio fu catalogato come “miglior prestazione umana”.

Un po' quello successo con i costumoni ai Mondiali di nuoto di Roma nel 2009. Quelli che per essere indossati richiedevano quaranta minuti e potevano esporre a figuracce perché “esplodevano” all'improvviso tra l'imbarazzo degli atleti costretti a mostrare le grazie in pubblico, soprattutto il lato b. Prezzo da pagare alla pioggia di record che stravolse la piscina del Foro Italico. Molti resistono ancora adesso. Il sospetto è che i costumoni aiutavano il “galleggiamento” e riducevano il consumo di ossigeno e aumentavano la velocità. E così la Federnuoto mise al bando i costumi hi-tech dal 2010.

Nello sci invece è soprattutto una questione di sicurezza. Negli anni settanta nello sci alpino si provarono ad introdurre le tute ultra-aderenti, quelle lucidissime per capire, del chilometro lanciato. Un paio di voli terribili fecero fare in fretta retromarcia. Nella storia recente, invece, sono stati gli attrezzi del mestiere a mettere in crisi il circo bianco . A suon di legamenti crociati saltati, la tecnologia fu obbligata a ravvedersi sulla sciancratura estremizzata: dall'ultima stagione sci più lunghi e raggi di curvatura più ampi.

La tecnologia nello sport trova la sua massima realizzazione nella Formula 1. Le novità introdotte in questa stagione hanno solo pregi tecnici, ma hanno avuto un risvolto inaspettato. La scomparsa del rumore ha tolto appeal, reso meno affascinante lo spettacolo alle orecchie degli appassionati, tanto da indurre le scuderie a pensare a come ri-amplificare il rumore. Questione di orecchie, ma può essere anche questione di occhi.

Al Roland Garros, l'occhio di falco non c'è. Nell'ultima edizione Sergiy Stakhovsky ha scelto di immortalare un punto contestato con il suo smartphone. Foto poi “cinguettata” al mondo. Palla dentro o fuori, poco cambia. Invasione di campo della tecnologia.

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