la stanza di Mario CerviAll'Italia serve partecipare al progetto dei caccia F-35

Dott. Cervi, vorrei aggiungere qualcosa al suo articolo sugli F-35. Per la prima volta lo Stato italiano guida le imprese private in una competizione internazionale. Per la prima volta un'opera pubblica viene realizzata in 20 mesi. Per la prima volta l'Italia è partner privilegiato in un programma mondiale e le viene affidato il compito di confrontarsi con grandi gruppi aeronautici. Fino ad ieri il 70% del budget destinato alla Difesa serviva alle spese di esercizio e agli stipendi, contro il 51% della media Ue. Il nuovo modello che delinea la Difesa del futuro prevede un forte taglio del personale. La filosofia innovativa si basa sull'obbiettivo di produrre mille ali da Alenia-Aermacchi per l'F-35 di Lockheed Martin. A Cameri già 100 dipendenti dell'Alenia Aermacchi stanno lavorando alle ali dell'F-35.
Monselice (Padova)

Caro De Bartolomeis, ho dovuto molto accorciare la sua sterminata lettera preservandone tuttavia - almeno così spero - i concetti essenziali. Avevo deplorato, nel mio articolo, la facile demagogia di chi, contrapponendo il disagio di tanti italiani di fronte alla spesa per i nuovi caccia, vorrebbe che il loro acquisto fosse cancellato. A questi predicatori della socialità piacciono forze armate le cui risorse vadano quasi tutte a stipendi in larga parte inutili trascurando il resto. Il resto consiste nel dotare le forze armate di mezzi moderni con ricadute tecniche ed economiche che sono, come lei spiega bene, di grande importanza. Per essere partner d'una grande alleanza l'Italia può e deve tenere in vita strutture industriali di prim'ordine che danno lavoro a migliaia di persone.

Lo so, il piagnisteo sullo sperpero degli F-35 fa più effetto delle analisi serie. Stipendi sì, su quelli non si recrimina, aerei e sommergibili moderni no. Ma in caso d'emergenza l'Italia non la si difende con una immane e grigia burocrazia militare.

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