la stanza di Mario CerviIl Regno delle due Sicilie non va né demonizzato né santificato

Gentile dottor Cervi,
sono da anni lettore del Giornale e, quindi, della sua «stanza». Concordo quasi sempre con le sue valutazioni. Però la trovo sempre chiuso in un giudizio negativo, e a mio modo di vedere preconcetto, sull'antico stato napoletano. Lei è troppo convinto, penso da sempre, che non fosse altro che un coacervo di ingiustizie, arretratezza e quant'altro. Nel tentativo forse ingenuo di ammorbidire la sua prevenzione ho pensato di farle omaggio del calendario allegato. Spero che possa apprezzarne le diverse testimonianze di quel qualcosa di buono che pure noi terroni avevamo.
Napoli

Caro Crisconio,
il qualcosa di buono che avevate e che avete è attestato anzitutto dal tono della sua lettera: così amabile e ragionevole da far dimenticare le invettive che da altre parti mi sono arrivate. A volte, lo riconosco, pecco di «nordismo»(tassativamente non leghista). Il calendario è bello per veste tipografica e interessante per i contenuti. La ringrazio per avermelo mandato, e voglio evitare in questa occasione vecchie polemiche. Un solo appunto. Nelle «date storiche delle due Sicilie» il calendario cita, giustamente e direi doverosamente, le stragi piemontesi di Bronte, di Pontelandolfo, di Casalduni. Ma poi viene impassibilmente annotato(13 giugno 1799) che «il cardinale Fabrizio Ruffo entra a Napoli alla testa dell'Armata Cristiana e Reale». L'armata fanatica del cardinale - altro che cristiana - si macchio di eccidi e distruzioni atroci.

Spogliamo pure il Risorgimento d'ogni orpello retorico, ma senza rivestire un personaggio come il cardinale Ruffo di panni onorevoli. Sennò, da una parte e dall'altra, preferiremo la nostra verità alla verità vera.

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