Francesco Rizzo
Non ci amiamo. Forse perché siamo troppo vicini. Simili e diversi. Talenti e tic che si possono mescolare, non sempre generando però i migliori umori. Come al cinema: negli anni Cinquanta, il bolognese Gino Cervi e il marsigliese Fernandel incarnarono a meraviglia il Peppone e il Don Camillo scaturiti dalla penna di Guareschi. Ma quando, poco dopo, si tentò di fondere in un paio di film lestro anarchico del partenopeo Totò e la comicità nervosa ed elettrica di Louis de Funès da l'Île-de-France, la scintilla non brillò. E allora figuriamoci italiani e francesi buttati in campo, da avversari nello sport. Dove, non a caso, la rivalità è un romanzo lungo quanto i confini dalla Liguria al Monte Bianco. Lungo e antico. Anche perché laltro ieri, quando lavventura di una partita cominciava con il viaggio per poterla vivere, organizzare unamichevole era più semplice se si sceglieva qualcuno subito lì, oltre frontiera.
Furono i francesi del Voiron, ad esempio, gli ospiti della prima partita di rugby giocata da una squadra italiana, 2 aprile 1911 a Milano, contro lUs Milanese. Anche se cominciare dalla palla ovale, che da loro è cibo quotidiano, significa partire dai lividi presi più che da quelli dati. Dopo un 60-13 a Tolone nel 1967, i cugini cominciarono ad affrontarci con una squadra di seconde linee, chiamata «A1» per non dire «B», fino a quando li battemmo in Coppa Europa a Treviso nel 1993. Da allora tornammo degni della loro prima squadra, superata però solo una volta, 40-32 a Grenoble nel 1997, nostro ct proprio un francese, Georges Coste. Anche oggi ci allena uno di loro, Pierre Berbizier. Ma nel Sei Nazioni continuiamo a prenderle.
Meglio smussare gli angoli dellovale, tirare la rete, pensare al volley, riavvolgere il nastro di poco: Berlino, 14 settembre 2003, Italia-Francia 3-2, quinto Europeo vinto dagli azzurri (loro, zero). Splendida battaglia con cinque francesi che giocavano o avrebbero giocato da noi, su tutti quel Frantz Granvorka che della nostra pallavolo ha conosciuto la provincia colta (Parma, Cuneo) e quella emergente (Verona). Il campionato italiano è uno dei più ambiti e anche i francesi vengono a misurarsi qui: tre di loro, Herpe, Mistoco e Carletti, sono appena stati rivali nella finale Macerata-Treviso. Anche se poi ci è voluto un tecnico italiano, Roberto Serniotti, per regalare la Coppa Campioni al Tours nel 2005. Scambi culturali, chiamiamoli così, per mettersi in luce da questa o quella parte: tornando al rugby, azzurri come i fratelli Bergamasco, Stoica e Parisse si guadagnano la pagnotta oltralpe mentre la Bologna del basket ricorda Antoine «Le Roi» Rigaudeau nella Virtus e ha appena applaudito Yakhouba Diawara nella Fortitudo. A proposito di basket: quando era ancora «palla al cesto», i francesi sono stati gli avversari delle iniziali uscite azzurre. È a spese loro che abbiamo vinto una medaglia preistorica come largento agli europei del 37, a Riga, arrivando in treno e tornando con la vodka in valigia. In Svezia, 66 anni dopo, gli abbiamo sfilato il bronzo. Ma, soprattutto, è a casa loro che siamo andati a vincere i titoli continentali di Nantes 83 e Parigi 99, sempre in finale contro la Spagna. Sarà il gusto della beffa nel tinello dei cugini. Nel 99-2000 il Milano dellhockey ghiaccio, cercando di aprirsi allEuropa, ottenne persino di partecipare al campionato francese.
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