Tutta l’Italia va in cerca di «talent» E la politica annoia da Roma in giù

In fondo è impossibile negarlo: come sia davvero l’Italia si capisce anche dalla televisione. E no, non è la solita battuta da antiberlusconiani che grondano disprezzo a prescindere. Qui si parla di chi guarda cosa in tv e come ha cambiato gusti negli ultimi vent’anni di programmazione, dall’asservimento al cinema fino all’esplosione del «factual», ossia il contrario della fiction. Una autentica mappa sociologica. Perciò «Decode or die», la cover story di Link, il periodico di comunicazione televisiva diretto da Marco Paolini che uscirà a maggio, è come il Diario di un viaggio in Italia di Stendhal, insomma la foto appassionata e acuta della situazione di un Paese, regione dopo regione. Solo che lì l’occhio era quello di un romanziere. Qui l’analisi è invece tecnica, frutto di vent’anni di Auditel, script, download e, oltretutto, aiutata dall’infografica nel decodificare una quantità sterminata di dati. Ecco qui (e le sorprese non sono poche).
DA NORD A SUD. Per dire, in Liguria lo sport in tv piace di meno mentre i friulani ne vanno pazzi, i trentini si tengono alla larga dai film, ai piemontesi «piasu nen» i telefilm, che non esaltano neppure i toscani e generalmente sono in calo anche al sud. Sorpresa: i reality e i talent piacciono al nord (ai veneti più i talent, ai lombardi più i reality) e al centro molto più che al sud, dove miniserie e fiction non fanno prigionieri. I «factual», i programmi informativi basati su sceneggiatura, spuntano qui e là (bene Lombardia, tragedia in Basilicata e Calabria) mentre l’accrocchio di «cultura e documentari» va bene in Liguria, resiste in Valle d’Aosta, Trentino e Umbria mentre affonda in Sicilia e Abruzzo. Nel complesso, come preferenze assolute, i talent show battono geograficamente i reality. E anche questo è un dato che fa riflettere.
CORSI E RICORSI. Gli anni Novanta (vent’anni fa, non duecento) consegnano una tv ostaggio dei film prima visione e, ciclicamente, dello sport. I telefilm americani non esistono e la prima serie apparsa nei primi trenta programmi annuali più visti è Il commissario Rex nel 1998 che però è europeo (oggi gli Usa stravincono). All’inizio dei Duemila, addio cinema e nuovi equilibri: arrivano i reality, i one man show, la pay tv diluisce lo strapotere del calcio e la fiction esplode: da Padre Pio a Perlasca, da Montalbano a Elisa di Rivombrosa. Nella seconda metà, Celentano, Benigni e Fiorello lucidano ancor più gli ascolti e torna quindi il varietà come a inizio Novanta con Fantastico e Scommettiamo che.
GLI SHOW CHE FANNO EPOCA... In vent’anni sono decisamente tre: l’arrivo di Striscia la Notizia, che all’inizio durava sette minuti e adesso circa mezzora, la fiction italiana e il Grande Fratello. L’informazione satirica, quella sceneggiata e quella voyeuristica. E queste tre lenti d’ingrandimento portano in rilievo il microcosmo italiano, e talvolta anche il macro, identificando aspetti che sociologi e psicologi a volte faticano persino a spiegare. E che di sicuro non erano stati in grado di prevedere.
... E QUELLI CHE NON CAMBIANO. Se c’era un morto che camminava per i palinsesti italiani a inizio Duemila, almeno in prospettiva, era il Festival di Sanremo che nel 2004 (conduceva Simona Ventura), nel 2006 (edizione di Giorgio Panariello) e 2008 (tredicseima volta di Pippo Baudo) non sono neanche entrati nella top 10 dei programmi più visti dei rispettivi anni. Però il trend si è invertito e, anche grazie all’onda lunga di Amici e X Factor, gli ascolti sono drammaticamente risaliti al punto che oggi - sia per appeal comunicativo che come percezione sociale - è tornato ai vecchi tempi.
LA POLITICA. Ma lo sapete che i talk show politici sono più seguiti in Val d’Aosta (primato assoluto) che nel Lazio, dove peraltro c’è l’80 per cento dei palazzi di potere? Il sud è quasi sempre il dieci per cento sotto l’ascolto medio, la Calabria il 15, mentre il Friuli gradisce assai, Liguria, Umbria, Emilia Romagna e Marche sono stabili, mentre Lombardia, Piemonte e Sardegna sono svogliati. E quali sono le «politcstar» più seguite in assoluto? Uno dice: Santoro o Floris o Lerner. Invece no: sono Silvio Berlusconi e Romano Prodi, che con il faccia a faccia televisivo del 2006 in vista delle elezioni politiche poi vinte dalla sinistra hanno stracciato tutti i record.
LA TV? UNA METROPOLI. Quando è nata, la tv era un piccolo condominio.

Adesso è una metropoli di reti gratuite, a pagamento, digitale terrestre e satellite. I grattacieli, si sa, sono ancora Raiuno e Canale 5 e, giù giù fino a Voce o a Hip Hop Tv, sarà facile perdere l’orientamento ma più divertente fare il giro d’orizzonte.

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