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In tv vanno in onda i trucchetti contaminuti

In tv vanno in onda i trucchetti contaminuti
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Egregio dottor Granzotto, su Rai 3, il 7 maggio 2005 alle 3 del mattino, hanno mandato in onda il discorso programmatico di Silvio Berlusconi alla Stampa e al Senato, per la presentazione del «nuovo governo del 16 maggio 1994».
Mi domando se sia stato trasmesso per effettuare il conteggio del minutaggio del tempo concesso ai politici e ai partiti e gradirei conoscere il suo pensiero in proposito.
Piera Murgia - Milano


Dev’esser proprio così, gentile lettrice. Qui non si tratta di pensar male (azzeccandoci): l’ora e l’argomento lasciano credere che si tratti di espediente per dilatare oltre misura il minutaggio del Presidente del Consiglio, ma sono pronto a ricredermi ove il direttore della rete indicasse qualche plausibile ragione culturale o sociale o giornalistica che giustifichi la messa in onda di un intervento di Berlusconi che risale a undici anni addietro. D’altronde è l’automatismo dei rilevamenti - il calcolo puro del «tempo di parola» e del «tempo di antenna» - che permette giochetti di quel tipo, specie se si tien conto che nel cronometraggio della così detta «visibilità» sono comprese anche le repliche, siano esse previste dal palinsesto, come era il caso del Maurizio Costanzo Show, o frutto di notturni blitz redazionali. Ci sono manifestazioni e perfino musei che vivono di quei giochetti: nel numero dei visitatori (dato che il più delle volte significa altri stanziamenti pubblici, altro danaro) vengono comprese le scolaresche coinvolte nel grande Barnum e grandissimo business delle gite scolastiche: esse contribuirono largamente, tanto per fare un esempio, alla calca della Fiera del Libro e costituiscono il nerbo della affluenza in un museo come quello Egizio. Che poi nel primo caso migliaia di bambini siano andati solo a caccia di gadget e di videogiochi e all’Egizio trascinino annoiati i piedi, poco conta. L’importante è che facciano numero.
Eppure si sostiene da più parti che il rilevamento del minutaggio rappresenta una delle più nobili conquiste democratiche (la seconda, parrebbe, dopo la proclamazione dei diritti umani): il trionfo dell’egalitarismo sublimato nella par condicio scalfariana. L’anziano Padre della Patria - ottantasette anni, suonati - può andarne orgoglioso e tutto lascia credere che alla sua dipartita - il più tardi possibile, va da sé - assisteremo alla corsa per innalzargli monumenti nelle piazze d’Italia. E se c’è a chi tocca in sorte d’esser immortalato con la spada in pugno, a chi con la penna, a chi con un cannocchiale e a chi con la Magna Charta, a Scalfaro toccherà il bilancino del farmacista, pertinente metafora della sua trovata. Perché così come il bilancino si limita a calcolare il peso, non a prendere in considerazione ciò che sta pesando, ai fini della par condicio un Prodi (tanto per non tirare sempre in ballo Berlusconi) che illustra a Ballarò le linee programmatiche di ciò che rimane dell’Ulivo vale un Prodi che riferisce a Biscardi della sua ultima performance cicloturistica. Un Prodi che compare al tiggì di prima serata vale il Prodi che al levar del sole bofonchia ai microfoni di RadioTreMondo.

Comunque la si giri il democratico, equo e solidale minutaggio - resta quindi una bischerata, un dato statistico (e manipolabile) privo di reale significato. Malauguratamente è anche un flagello: favorisce infatti la prevalenza del cretino il quale, senza l’intervento umanitario della par condicio, non avrebbe così facile accesso al video. E invece, mannaggia, vi impazza.

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