Ultimatum Anp a Hamas: riconoscete Israele

Fatah: alleanze di governo solo con formazioni disposte ad accettare le trattative con lo Stato ebraico. Barghouti dal carcere: votate

Gian Micalessin

da Gerusalemme

Ehud Olmert lo sa: oltre alle incognite della politica di casa tra poco dovrà mettere mano anche a quelle palestinesi. Il grande rebus dopo le elezioni di mercoledì si chiamerà Hamas. Che fare se Hamas, come prevedono i sondaggi, stravincerà conquistando tanti seggi quanti Fatah? Come comportarsi se il presidente Mahmoud Abbas si ritroverà costretto a trasformarlo in forza di governo? Il problema non è da poco e Olmert l’ha anticipato ieri al suo governo, rinviando però ogni decisione a dopo il voto israeliano del 28 marzo. Secondo alcuni anonimi funzionari israeliani citati ieri dal quotidiano Yediot Ahronot, Israele difficilmente potrà accettare una simile situazione. L’unica mossa capace di sbloccare uno stallo armato o uno scontro diretto sarebbe la decisione del movimento di abbandonare la lotta armata e rinunciare alla distruzione dello Stato ebraico. «Se Hamas abbandonerà i suoi principi e si mostrerà disponibile al disarmo, Israele potrebbe anche considerare di dialogare con un governo che includa Hamas», spiega una fonte citata dal quotidiano.
Ma secondo alcuni analisti dell’esercito citati dal quotidiano Haaretz l’unica mossa del gruppo fondamantalista dopo il voto sarà la continuazione nella sospensione degli attentati per dar spazio alla struttura politica dell’organizzazione.
L’ipotesi di un ingresso di Hamas nel governo palestinese dopo le elezioni è però stata esclusa ieri dal ministro dell’Informazione dell’Anp Nabil Shaath. Secondo il ministro, entrerà nella coalizione soltanto chi accetterà le trattative di pace con Israele, e questa condizione escluderà automaticamente la formazione fondamentalista. Se sarà necessario formare una coalizione verranno interpellate secondo Shaath soltanto le formazioni con cui «si può concordare un programma comune che includa i negoziati con Israele, l’applicazione della road map e un cessate il fuoco. Questo programma - precisa Shaath - mi sembra alquanto difficile da concordare con Hamas».
Intanto ieri la televisione satellitare araba Al Jazeera ha fatto il colpaccio ottenendo il permesso di entrare nel carcere israeliano dove il numero uno delle liste di Fatah, Marwan Barghouti, sconta quattro condanne all’ergastolo e mandando in onda la sua prima intervista televisiva dopo l’arresto. Barghouti definisce le elezioni palestinesi il primo passo verso la nascita dello Stato. Vestito con l’uniforme carceraria israeliana, Barghouti ha esortato i palestinesi a votare per onorare «i martiri» Yasser Arafat e Ahmed Yassin. Ma un doppio colpo l’hanno fatto anche gli israeliani. Permettendo ad Al Jazeera di intervistare un candidato condannato all’ergastolo hanno mandato un segnale di democrazia e libertà di stampa ai cittadini di molti Paesi mediorientali, dove l’accesso ai media è negato anche ai semplici oppositori.

Facendo arrivare la voce di Barghouti nelle case palestinesi a pochi giorni dal voto hanno valutato le sue doti leader. Una valutazione decisiva per l’eventuale scarcerazione dell’unico dirigente palestinese considerato in grado di fermare la crescita di Hamas e rigenerare l’Anp.

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