Il Tesoro Usa bussa ancora alla porta dei contribuenti con la richiesta di un assegno da 2mila miliardi di dollari, perché le azioni finora intraprese per combattere la crisi «sono state essenziali, ma inadeguate». Parola di Timothy Geithner, l'ex governatore della Fed di New York che ha preso il posto di Henry Paulson sulla scomoda poltrona del Tesoro americano, e che ieri, nella sua prima importante uscita pubblica dopo l'insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca, ha giocato a carte scoperte presentando il Financial stability plan. A dispetto del nome, il piano ha però finito per destabilizzare le ipersensibili Borse mondiali: piatta fino a un momento prima dell’intervento di Geithner, Wall Street si è accartocciata in una spirale ribassista che ha ricacciato il Dow Jones sotto la soglia degli 8mila punti (-4,6% a 7.888) e ha fatto cadere il Nasdaq del 4,2% a 1.524 punti. Brusca la sterzata dei mercati europei, dove ribassi superiori al 3% hanno colpito Francoforte e Parigi, mentre Milano è arretrata del 2,20%.
Reazione sproporzionata? Non del tutto. Primo: nei giorni scorsi erano circolate cifre nettamente inferiori a quelle messe ieri sul tavolo da Geithner. È un altro salasso che si aggiunge allo sforzo finanziario già effettuato per sostenere il pacchetto Paulson (i 700 miliardi del Tarp), a cui dovranno presto sommarsi i quasi 840 miliardi del piano Obama, ieri approvato dal Senato. E forse potrebbe non bastare.
Punto secondo: i mercati speravano nella creazione di una bad bank, considerata lo strumento più efficace per ripulire i bilanci bancari. Il Tesoro americano ha scelto una strada ibrida e, soprattutto, meno sicura prevedendo il coinvolgimento non solo della mano pubblica, ma anche di quella privata. La struttura mista avrà il compito di acquistare gli asset tossici degli istituti con l’utilizzo di 500 miliardi, estensibili a mille miliardi. Il modo in cui si intende sfruttare l’apporto delle imprese private non è stato rivelato, e ciò potrebbe essere risultato sgradito ai mercati. Dove, peraltro, è da tempo oggetto di dibattito la scarsa trasparenza con cui fino a oggi sono stati gestiti i fondi federali anti-crisi.
Allo stesso Geithner non sono state risparmiate critiche per aver usato la mano leggera nei confronti dei banchieri responsabili del disastro (vedi articolo qui sotto). Accuse che il neo titolare del Tesoro ha rintuzzato annunciando ieri una linea più dura nei confronti del mondo del credito: «Chiederemo agli istituti bancari di sottoporsi a un test sotto sforzo. Un test organico e studiato con cura» per avere «bilanci più solidi e più chiari».
In base all’analisi di Geithner, il sistema finanziario Usa «invece di catalizzare la ripresa, sta lavorando contro di essa. Allo stesso tempo, la recessione sta esercitando una forte pressione sulle banche». La Fed, tuttavia, sembra avere un’altra visione del mondo: «I nostri prestiti alle istituzioni finanziarie, insieme alle azioni di altre agenzie, hanno aiutato a rilassare le dure tensioni sul fronte della liquidità di molte imprese e sono state associate ai considerevoli miglioramenti sui mercati dei prestiti interbancari», ha detto il presidente Ben Bernanke. Il secondo braccio su cui poggia la manovra del Tesoro è comunque proprio la banca centrale Usa, che potrà ampliare fino a mille miliardi, dagli attuali 200, le risorse a disposizione per sostenere il mercato delle asset-backed securities, cioè i titoli che poggiano a loro volta sui prestiti concessi agli studenti, su quelli alle piccole imprese, sulle carte di credito e anche sui finanziamenti per l’acquisto di auto.
Altri 50 miliardi saranno messi a disposizione per limitare i pignoramenti delle abitazioni e alleggerire l’impatto
della crisi del mattone. Per il settore immobiliare è previsto un piano specifico, i cui dettagli saranno resi noti nelle prossime settimane, quando Geithner, presumibilmente, busserà ancora alla porta dei contribuenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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