Un turbine di effetti speciali e una spruzzata d'inventiva rinfrescano la senilità di Indiana Jones (Harrison Ford), ora alle prese col Mistero del teschio di cristallo, quarto episodio della serie. Qui siamo, inizialmente, negli Stati Uniti del 1957, anno d'esperimenti nucleari nel deserto e consumismo nelle case. A salvar l'eroe da una bomba H, è il frigorifero di una casa di un villaggio fantasma, costruita per vedere come un'esplosione la distruggerebbe. Dall'epoca si capisce che il nemico non può essere - come nell'Ultima crociata - la Germania, ma l'Unione Sovietica. E a incarnarla è il colonnello dell'Esercito rosso Cate Blanchett, decisa a trovare i resti di alieni giunti sulla Terra. Come in un libro di Peter Colosimo (per chi se lo ricorda), il film propone la nascita delle grandi civiltà come frutto di un apprendimento umano a opera di extraterrestri. In questo flebile contesto si torna alla solita indiavolata corsa, che conduce l'eroe e il suo codazzo fino in Perù. Ford porta bene gli anni, Shia LaBeouf interpreta il figlio che, finora, non sapeva d'aver avuto da Karen Allen. Ed è lui che spesso lo salva dai russi, liberamente vaganti per il continente americano, in uniforme e con mezzi blindati, in barba alla «dottrina Monroe»!
Non è a un film come questo che si chiede grande recitazione. Il ritmo furibondo evita di far riflettere su ciò che si vede, e sulla sua logica.
INDIANA JONES E IL MISTERO DEL TESCHIO DI CRISTALLO di Steven Spielberg (Usa, 2008), con Harrison Ford, Shia LaBeouf. 123 minuti
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