Luciano Violante, molti, anche se non tutti, in queste ore dicono «partiamo dalla bozza Violante». Riforme insieme: si può?
«È l’unico testo uscito da una commissione senza voti contrari. Naturalmente va rivisto».
I punti cardine?
«Primo: la Repubblica è parlamentare; secondo: equilibrio tra i poteri dello Stato e indipendenza della magistratura; terzo: decisione politica veloce; quarto: il presidente del Consiglio e il suo governo devono poter realizzare il programma presentato agli elettori; quinto: rigorosi poteri di controllo da parte del Parlamento sul governo».
Riconosce a Berlusconi e al Pdl la volontà di dialogo in questo frangente?
«Lo spero, anche se ho visto, proprio sul Giornale, un intervento di Denis Verdini che mi sembrava non proprio incline al dialogo».
Ci sono dei falchi nei due schieramenti che gridano no all’«inciucio» nella sua accezione più negativa?
«Gli estremisti ci sono sia di qua che di là: all’interno dei due schieramenti prevalga l’intelligenza riformatrice. Occorre emarginare gli estremisti per fare le riforme di cui il Paese ha bisogno».
C’è una parte di sinistra, anche nell’elettorato del Pd, allergica al dialogo con il Cavaliere?
«Un sondaggio ha dimostrato che c’è una stessa quota, più o meno del 30% all’interno di centrodestra e centrosinistra che dice “mai dialogare con gli altri”. Gli estremisti sono equamente divisi».
Se il Pd, come sembra, è disposto a fare riforme condivise, e Di Pietro no, cosa succede?
«Succede che Di Pietro vota contro».
E non ci sarebbero implicazioni politiche? L’alleanza con l’Idv salterebbe?
«Nessuna componente dei due schieramenti può obbligare la maggioranza del proprio a non fare le riforme. Non stiamo facendo un governo tra Pd e Pdl, stiamo facendo una riforma».
Ma Di Pietro sembra avere delle pregiudiziali...
«Quelle di carattere personale o puramente ideologico non ci interessano. Ascoltiamo solo gli argomenti di merito da chiunque provengano».
Oggi il leader dell’Idv ha definito Berlusconi «diavolo con cui non si può dialogare». È così?
«Non sono io a dare queste “consacrazioni”. Berlusconi è un avversario e gli avversari li scelgono gli elettori».
Insomma, è il demonio oppure no?
«Non è certamente un cherubino ma i teologi sono divisi sull’esistenza stessa del demonio. Ma le politiche contro le persone, come quelle fondate sull’apologia delle persone, sono sempre sbagliate».
Quindi nessuno scandalo a parlare con Berlusconi?
«Ci sono le commissioni parlamentari e lì ci si confronta tra maggioranza e opposizione, non tra Berlusconi e Bersani che peraltro concorreranno in modo determinante alle decisioni. Ma è il Parlamento che decide».
Il clima è paradossalmente cambiato dopo l’aggressione al premier in piazza del Duomo?
«Quell’episodio è stato il segno di grande scollamento tra società e istituzioni. Segno che stavamo andando su un pendio pericoloso».
Si era andati oltre?
«C’è stato un uso irresponsabile delle parole da parte di molti. E questo ha creato un clima di contrapposizione frontale. Poi salta fuori l’insano di mente che ha fatto quello che ha fatto».
La colpa?
«Di entrambi gli schieramenti: lo stesso premier non sempre è stato tenero con i suoi avversari politici».
Uno dei punti principali della sua bozza, e condiviso, prevede la riduzione dei parlamentari: si parla di 500. Un po’ poco, no?
«Si vedrà. Ma la rappresentanza parlamentare è un punto centrale, che unisce. Attenti a non ridurre troppo».
Altro nodo: rafforzamento dei poteri del premier? Chi rema contro su questo punto?
«C’è chi è preoccupato perché oggi c’è “questo” premier e ci sono quelli che vorrebbero aumentarli proprio perché c’è “questo” premier».
Concezioni berluscocentriche...
«Esatto: mai fare le riforme pensando a chi governa in quel momento».
Nel dettaglio: fiducia solo al premier?
«Penso di sì: soltanto al presidente del Consiglio».
Con la sostituzione insindacabile dei ministri?
«Certo: potrebbe proporre al capo dello Stato la nomina e anche la revoca dei propri ministri, uomini e donne che il presidente del Consiglio sceglie per realizzare il programma».
Tempi tecnici per le riforme?
«Prima delle elezioni regionali sarà arduo: con la campagna elettorale in corso, difficile scontrarsi in un posto e poi far la pace in un altro».
Quindi?
«Secondo me entro la primavera del 2011. È possibile lavorare insieme come s’è fatto di recente per la legge sul federalismo fiscale e la riforma delle leggi di bilancio».
Giustizia: in cosa l’intesa è possibile e in cosa no?
«Nel ’48 c’erano due poteri periferici: magistratura e presidente del Consiglio. Oggi questi due poteri sono al centro del sistema politico. Va adeguato il loro statuto».
In che senso?
«Conosciamo meglio il peso della magistratura penale. Ma non c’è grande appalto, grande decisione amministrativa che non finisca al Tar o al Consiglio di Stato, dalla nomina del comandante generale della guardia di finanza a quella del primo presidente della corte di cassazione. Alla corte dei Conti, inoltre, una legge recente ha conferito il potere di controllo di tutte le amministrazioni mentre stanno governando, non dopo: un esponente del centrodestra direbbe: misura centralista e giustizialista».
E il Csm?
«Così com’è non va bene perché è il governo delle correnti dell’Anm che decidono in via del tutto autonoma sulla vita e la carriera dei magistrati».
Cioè: se non sono sostenuto dalle correnti non vado avanti?
«È così, salvo casi eccezionali: e non va bene».
Eccessivo potere anche di alcune Procure?
«La politica rifiuta le regole di etica pubblica e le uniche regole sono quelle giuridiche. La classe politica non sempre è selezionata con oculatezza. Risultato: i pm spesso diventano i controllori della politica».
Che forma di garanzia può adottare la politica nei confronti dello strapotere della magistratura?
«La vecchia immunità parlamentare non credo sia una strada percorribile».
Un Lodo Alfano con veste costituzionale?
«Nel quadro delle riforma costituzionale chi ho indicato si deve anche pensare a misure che evitino la prevaricazione della magistratura sul Parlamento e viceversa, come accade in molti grandi Paesi europei».
Giustizia lumaca: che fare?
«Con le stesse norme alcuni uffici sono veloci, altri sono lenti. Non è un problema di norme. Bisogna estendere i modelli virtuosi di organizzazione di uffici. Inoltre abbiamo 146 tribunali e più della metà non dispongono del personale sufficiente per lavorare bene.
E andiamo a 120...
«Poi bisogna fare pulizia di norme che appesantiscono inutilmente i procedimenti. E sono tante».
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