Prendere la cronaca giudiziario-politica italiana e farne il pretesto per raccontare sventure femminili è la trovata di A casa nostra di Francesca Comencini, film di chiusura della rassegna Première alla Festa di Roma. Proprio per aver scambiato il fine col mezzo, la Comencini si lascia sfuggire l'occasione per il bel film che le poteva garantire la suggestiva fotografia di Luca Bigazzi: da tanti anni - da quelli in cui uscivano i romanzi di Scerbanenco - Milano non veniva mostrata nel suo gelo, non solo atmosferico. Bigazzi ci riesce, come era riuscito a trarre il massimo da Sabaudia per quel capolavoro che è L'amico di famiglia di Paolo Sorrentino (Festival di Cannes, 2006). Anche l'interpretazione di Luca Zingaretti, credibile, misurata, perfino sofferta nel ruolo del banchiere che condensa in sé del Ricucci e del Berlusconi, confortava le ambizioni del film. Ma dopo i primi notevoli venti minuti si passa dai consigli d'amministrazione ai consigli di cucina. E la finanza cede alla Guardia, di finanza anch'essa, ma nel peggiore dei modi, perché Valeria Golino non è un credibile capitano della medesima, come lo era invece, da maresciallo, Michele Placido in Un eroe borghese. Insomma, le figurine femminili si fanno avanti coi problemi, che però riguardano loro e i loro parenti. A casa nostra significa dunque sempre meno l'Italia e sempre più il tinello. Il declino collettivo cede al piagnisteo privato. Dopo quella della Sconosciuta di Tornatore, ecco un'altra occasione perduta per il cinema italiano in questa Festa di Roma, che comunque ha scelto meglio della Mostra di Venezia. Bigazzi era comunque presente anche lì, come fotografo della Stella che non c'è di Gianni Amelio, il quale però non gli ha lasciato fare fino in fondo il suo mestiere.
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Un merito della Festa di Roma è stato anche aver riservato una sezione, «Alice», al cinema per l'infanzia, come da tempo fa il Festival di Berlino. Ieri si è visto La gang del bosco (in originale Over the hedges, «oltre i margini») di Tim Johnson (Z, la formica) e Karey Kirkpatrick (sceneggiatore di Galline in fuga), tratto dai fumetti di Michael Fry e T Lewis, ora editi da Mondadori, insieme ad altri quattro libri connessi al film. Metafora di quel che Mao Zedong chiamava assedio delle campagne alle città, il film racconta di un quartiere suburbano, cresciuto durante il letargo di una compagnia di animaletti: un procione, una tartaruga, uno scoiattolo, una puzzola, due opossum, una famiglia di porcospini.
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