Controcultura

Alberto Helios Gagliardo fra simboli laici e religiosi

Incisore "mistico" ma anche attento ai soggetti sociali. L'espressionismo del "Ciclo della guerra"

Queste mie parole discendono da un equivoco. Ricevo telefonate da Paola e Fabrizio per scrivere di Alberto Helios Gagliardo, il raro pittore di Genova del quale io posseggo un luminoso ritratto. Do indicazioni per fotografarlo, per spedirlo, fino al giorno in cui si scopre che io non ho un dipinto di Alberto ma del fratello, Salvatore, un poco più giovane, altrettanto bravo. Per l'affetto che è nato da questa imprevista parentela, mi è rimasto l'impegno a scrivere alcune note su Alberto, il Gagliardo che si celebra oggi. Estremo simbolista a Genova. Un pittore che rinasce in questo tempo di fervidi studi su tanti artisti dimenticati. Il museo diocesano, dopo Giannetto Fieschi, lo riconosce come «Un mistico tra gli incisori», con una sorprendente mostra curata da Massimo Carli, Fabrizio Bombino e Paola Martini. Il puntiglioso catalogo è pubblicato da Sagep.

Gagliardo parte da lontano mentre le avanguardie sconvolgono il campo dell'arte ma non la sua infiammata sensibilità. Il suo rivelatore Omaggio a Previati è del 1912. L'anno seguente affronta il soggetto sociale in La famiglia del minatore per la Scuola navale di Genova. Nel 1918, alla Promotrice, espose cinque opere tra cui Il pittore Boushevietz e l'Autoritratto (Genova, Galleria d'arte moderna). Negli anni Dieci Gagliardo praticò la tecnica divisionista affrontando soggetti simbolisti. In questo periodo realizzò alcune delle sue opere più significative, come Narciso allo specchio e Il bruto svegliato da un angelo, esposti rispettivamente alla Promotrice del 1916 e del 1920, o come Firmamento del 1919. Anche più propriamente simbolisti sono i dipinti realizzati a metà del decennio (Il falcone che sveglia San Francesco del 1915 e Lo specchio magico del 1916); mentre La madre dell'oblio (1919 circa: Genova, Wolfsonian Foundation) rivela suggestioni preraffaellite.

Dal 1920 prevalgono i temi sociali affrontati nella Famiglia del minatore e nel Seminatore del 1919 accanto a soggetti mistico-religiosi. Gagliardo espone Il giudizio degli uomini, il Cristo che scaccia i mercanti e il Cristo che scompare da Emmaus, rispettivamente, alla Promotrice del 1923, del 1924 e del 1925. I contenuti sociali, sempre in chiave simbolica e spiritualista, resisteranno fino alla produzione più tarda.

A Genova Gagliardo fece parte del gruppo «Pro cultura artistica», con S. Baghino, G. Galletti, A.U. Gargani, D. Guerello, F. Messina, G.A. Santagata, A.M. Vassallo. Nel 1922 allestì un'ampia personale nell'ambito della Promotrice genovese. In quella occasione espose anche due illustrazioni per Resurrezione di L. Tolstoj, che inserì nel gruppo di disegni ispirati al testo dello scrittore russo presentati l'anno seguente all'Esposizione internazionale delle arti decorative di Monza.

La attenzione moderna, dopo il successo degli anni Venti e Trenta, deriva dal gusto e dalla sensibilità di Miki Wolfson che fu a Genova, console americano, negli anni Settanta e Ottanta e iniziò il recupero critico di artisti considerati fascisti o superati, dal 1880 al 1945. Fra essi Gagliardo che nel 1923 aveva iniziato l'attività di incisore, per realizzare, fino al 1978, quasi duecento acqueforti. Del '23 è anche Reticolati, l'importante serie di diciannove incisioni, dal forte accento espressionista, del «Ciclo della guerra», che fu completato nel 1940 con Partenza e Brindisi triste. L'intero ciclo è conservato nella collezione della Wolfsonian Foundation di Genova, assieme alle seguenti matrici originali: Il primo caduto del 1928; Non ammazzare e Dove il colpo arriva (Scoppio d'obice) del 1932; Sera di vittoria del 1934; Ubbidite piuttosto a Dio che agli uomini, La madre e Chi di spada ferisce del 1935; Notizia di morte del 1936; Il primo allarme del 1939. Presso la medesima fondazione si trovano inoltre il gruppo di trentanove acqueforti, anch'esse di ispirazione bellica, datate tra il 1923 e il 1943.

Da questa apertura dipende l'attuale occasione di riflessione. Gagliardo è, nei suoi anni migliori, un grande e originale simbolista capace di giocare anche con il Duce che rappresenta a cavallo in modo spiritoso. Perché in lui c'è sempre più ironia che retorica, fino a prediligere il genere, se non marginale, certamente laterale, dell'ex libris, con una fantasia varia e una eleganza sottile e misurata. Quello che avviene di lui, nella seconda metà del secolo, è inevitabilmente fuori del tempo e carico di una commovente nostalgia. Lentamente scende nella penombra.

I suoi sono bagliori di fiamma lontana.

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