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"Una vita a pensare a come non morire e poi...". La rabbia degli agenti per la Balzerani

La "beatificazione" di una parte della sinistra civile di Barbara Balzerani preoccupa le divise, mentre nelle piazze crescono gli emulatori ideologici delle organizzazioni degli anni Settanta

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Barbara Balzerani è morta a 75 anni in conseguenza di un tumore ma con la sua scomparsa sembra essere iniziata la "beatificazione" della brigatista mai pentita, che ha partecipato in prima persona a numerosi omicidi e al sequestro di Aldo Moro. Nel 2006 ha ottenuto la libertà vigilata e nel 2011, al termine della pena, è tornata definitivamente in libertà. Non sono mancati incontri e comizi, presentazioni di libri, che hanno alimentato il culto della sua persona e della sua militanza.

Tra i tanti commenti in suo omaggio che sono comparsi in queste ore ce ne sono tanti che ne elogiano la coerenza e la caparbietà. "Imparate da questa persona cosa vuol dire lottare per un ideale in cui si crede", si legge sotto un post di Cambiare rotta dedicato alla brigatista. C'è, poi, il post di Donatella Di Cesare, che a posteriori dice che il suo intervento in onore della "compagna Luna" è stato frainteso. Ma davanti a tutto questo, gli agenti di polizia non possono che alzare la voce.

"Ti accorgi che è un mondo che va pericolosamente al contrario se, girando in rete, trovi il nome di Barbara Balzerani abbinato alla parola scrittrice. No, la Balzerani è stata una terrorista assassina che mai s'è pentita, altro che scrittrice, una delinquente criminale", scrive il segretario generale del sindacato di polizia Italia Celere, Andrea Cecchini. "E sapere sia morta da persona libera, che andava in giro per l'Italia a pontificare, destabilizza l'ordine democratico se solo pensiamo che a noi poliziotti e militari è impedito di parlare", prosegue.

"Ti accorgi che è un mondo che va al contrario quando leggi le dichiarazioni di una docente universitaria che condivide la stessa 'rivoluzione' di una assassina. Ho il pieno diritto, come sindacalista della polizia, di chiedere un'azione disciplinare verso quella docente, se veramente ha dichiarato quelle parole", scrive ancora Cecchini, unendosi al coro bipartisan. La stessa rettrice dell'università La Sapienza, la stessa in cui ha insegnato Aldo Moro, rapito anche da Balzerani, e in cui oggi insegna Di Cesare, si è dissociata dalle parole della docente.

C'è evidentemente rabbia nelle parole del sindacalista, perché nelle piazze di oggi stanno crescendo gli emulatori ideologici del movimento brigatista. Di chi inneggia alla lotta, di chi minaccia i professori di fare le fine di Aldo Moro. "Una vita, quella di ognuno di noi poliziotti, passata a pensare a come fare per non morire in servizio, poi ti uccidono mentre difendi la libertà di tutti e finisce che chi ti ha ucciso diventa, oltre che il tuo giudice ultimo, anche un eroe da emulare...

È qualcosa di vergognoso, è allucinante, è un Paese che va pericolosamente al contrario", è l'amara conclusione di Cecchini.

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