Letteratura

Basta "Un'ora di fervore" a dar senso alla vita

Muriel Barbery, la più giapponese tra le contemporanee scrittrici europee, torna all'Oriente

Basta "Un'ora di fervore" a dar senso alla vita

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Muriel Barbery, la più giapponese tra le contemporanee scrittrici europee, torna all'Oriente, ripercorrendo la storia di Haru Ueno, padre di Rosa, protagonista del precedente romanzo Una rosa sola. Il risultato è Un'ora di fervore (E/O, pagg. 210, euro 18, traduzione di Alberto Bracci Testasecca).

In Una rosa sola, Rosa, botanica di madre francese, si reca a Kyoto per assistere all'apertura del testamento del padre giapponese mai conosciuto, passando da un atteggiamento di preconcetta ostilità verso il Giappone a una progressiva accettazione che si trasformerà in amore. Esemplare la sua dissacrante battuta sul Ryanji, famoso tempio buddhista della scuola Myoshin-ji, branca della scuola Rinzai del Buddhismo Zen, noto per il karesansui, giardino secco, formato da pietre, ciottoli e muschio, che le appare «una gigantesca lettiera per gatti»... Rosa imparerà che il Giappone è un Paese in cui si soffre molto, ma non ci si fa caso e che, se non siamo pronti a soffrire non siamo pronti a vivere. Suo padre Haru, ricchissimo mercante d'arte, non la conoscerà mai, ma, pure a distanza, farà in modo di donarle la sua parte giapponese, consentendole di ricostituire una piena identità. Così, questa Rosa, botanica che analizza i fiori ma non li guarda, che dimentica le persone perché all'apparenza incapace di coinvolgimenti emotivi, imparerà gradualmente ad apprezzare l'organizzazione nipponica, i cerimoniali, le gerarchie, la bellezza dei giardini, la vita e la morte, uniche cose reali.

Un'ora di fervore è la biografia visionaria e tormentata di Haru, un grande uomo che ha scoperto la nobiltà e la gioia di dare senza ricevere un immediato corrispettivo. Haru che sogna l'altrove, ma è terribilmente giapponese; crede di controllare tutto e tutto gli sfugge. Ossessionato dalla forma, capirà solo alla fine e grazie al sublime poeta etilista Keisuke (l'uomo che non poteva morire) che lo spirito non nasce dalla forma ma questa «è solo la parte visibile dello spirito e il fantasma apparente della sua padronanza». E, soprattutto, che il tempo non è niente, esistono solo i momenti notevoli, tutto il resto è svanito e noi rimaniamo a contemplare i pilastri che emergono dalla nebbia. Un uomo è una solitudine, poi una caduta e una nascita.

E vivere anche l'unica ora di fervore che offre la vita, giustifica un'intera esistenza.

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