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«Da Brad Pitt a Di Caprio trovo casa in Italia ai Vip»

Alessandro Proto ha venduto alla premiata coppia Brad Pitt e Angelina Jolie una dimora palladiana in Valpolicella, circondata da 32 ettari di terreno vitato da cui si ricavano Amarone e Recioto. Valore: 32 milioni di euro. Alessandro Proto ha venduto a Leonardo Di Caprio un attico di 300 metri quadrati in piazza Bra a Verona, con annessa terrazza di 200 metri quadrati e affaccio da vertigine sull’Arena. Valore: 9 milioni di euro. Alessandro Proto ha venduto a Ricky Martin una villa con pontile privato a Desenzano del Garda. Valore: 7,5 milioni di euro. Alessandro Proto ha venduto a Jason Orange, pop star dei Take That, una villa sul lago Maggiore, nei paraggi di Stresa. Valore: 5 milioni di euro.
Ma chi è ’sto Alessandro Proto che da un paio d’anni, una settimana sì e una no, viene citato dai giornali perché è sempre in procinto di vendere residenze da favola ad attori, cantanti, calciatori e persino teste coronate? Com’è possibile che il principe William d’Inghilterra, Madonna, Elton John, George Clooney, Tom Cruise, Johnny Depp, David Beckham, Emma Watson e Rihanna, oltre ai Vip già citati, all’improvviso avvertano tutti insieme l’impellente necessità di rivolgersi a lui e solo a lui, fra i milioni di agenti immobiliari che popolano la faccia del pianeta, 73.000 dei quali solo in Italia?
Tanto Proto è prodigo di informazioni sulle vite altrui, tanto è parco di dettagli sulla propria. Riferisco i pochi che sono riuscito a strappargli. È nato a Milano l’11 settembre 1974. È amministratore unico della Alessandro Proto consulting, società che fornisce ai clienti assistenza su misura in campo finanziario, immobiliare, fiscale, assicurativo e creditizio, con sede a Londra e uffici a New York, Parigi, Barcellona, Lugano e Milano, quest’ultimo in Galleria del Corso, provvisto di panorama a rischio coronarico sul Duomo. Da otto anni ha la residenza nel Canton Ticino («vicino a Lugano»). Abita in un appartamento («normale») di 150 metri quadrati. Non vede suo padre da vent’anni («preferisco non parlarne»), ha una mamma infermiera e un fratello. Studi ignoti. Ha cominciato vendendo porta a porta l’enciclopedia Garzanti. Un giorno è riuscito a piazzare l’infilata di volumi a un cliente che gli ha dischiuso gli infiniti orizzonti della compravendita di case.
Ma dovreste vedere che case. Giusto per avere un’idea di ciò che Proto ha attualmente in portafoglio. «Italian villa» al numero 77 di Beverly Park, a Beverly Hills, 50 milioni di dollari: «È di un americano, ha quattro piscine e un fiume artificiale che scorre nella giungla, sembra di stare in Amazzonia». «The ultimate penthouse in the sky» a New York, 45 milioni di dollari: «È un attico di 700 metri quadrati sulla sommità di un grattacielo di 60 piani, con soffitti di vetro, terrazzo, piscina interna e vista mozzafiato su Madison Square Park». E siccome non di solo mattone vive l’uomo, lunedì scorso l’agenzia Reuters ha reso noto che la Alessandro Proto consulting ha acquistato un ulteriore 0,75 per cento di Fiat, dopo l’1 per cento comprato a giugno. «In tre giorni il titolo ha guadagnato oltre il 15 per cento. Come vede, si può fare benissimo a meno di Confindustria».
A dicembre s’era preso il 2,88 per cento della Tod’s di Diego Della Valle.
«Non io da solo: con altre 11 persone».
Sei mesi fa ci ha notificato a mezzo stampa d’aver fatto società nientemeno che col miliardario Donald Trump.
«Ero a Manhattan per trattare un immobile di prestigio, avevo letto da poco il suo libro Think big and kick ass in business and life, pensa in grande e dai calci in culo negli affari e nella vita. Mi sono presentato nell’ufficio di Trump sulla Quinta strada. Tre giorni di anticamera prima d’essere ricevuto. Alla fine l’ho convinto a entrare in un fondo di diritto lussemburghese da 300 milioni di euro, che finanzierà lo sviluppo di piccole e medie industrie. Credo nell’Italia che lavora e che rischia, non in quella che è maestra nel farsi del male da sola».
Perché i Vip si rivolgono tutti a lei?
«Merito di George Clooney. Stufo dei paparazzi appostati sul lago di Como, nel 2009 aveva deciso di vendere Villa Oleandra. Io non ho fatto altro che portare a Laglio un possibile acquirente, Beckham, che all’epoca giocava nel Milan. Poi il calciatore s’è rotto il tendine d’Achille e l’affare è sfumato. Ma da lì è cominciato il passaparola».
E s’è fatta viva Madonna.
«Durante la Mostra del cinema di Venezia l’ho portata a vedere Palazzo Garzoni Moro sul Canal Grande, ma non le è piaciuto: troppo dispersivo. Poco male. Verrà a vederlo Elton John, che ha già casa a Venezia e ne vuole comprare un’altra. Nel frattempo Madonna ha visionato un super attico, 500 metri quadrati disposti su due piani, in piazza delle Erbe a Verona. Costa 12 milioni di euro. L’ha opzionato per un mese. Sono in attesa di risposta».
Ma non l’aveva già promesso all’attrice Emma Watson, quell’attico?
«No. La Hermione della saga di Harry Potter è interessata a un appartamento, sempre d’epoca, nel palazzo attiguo, 180 metri quadrati, 4 milioni di euro. Le è piaciuto. Era accompagnata dal suo agente e da due guardie del corpo. Una ragazza acqua e sapone».
Possibile che le star abbiano eletto Verona capitale del mondo?
«Consideri che per i divi un immobile rappresenta soprattutto una forma di investimento. Madonna possiede 100 case, Brad Pitt 90. Fra Verona e provincia trattiamo proprietà per 150 milioni di euro. Non dimentichi che Leonardo Di Caprio fu lanciato nel 1996 dal film Romeo + Giulietta, quindi è legatissimo alla città della tragedia shakespeariana. Quand’era fidanzato con la modella israeliana Bar Rafaeli lo portai a vedere anche il castello di Camino, nel Monferrato. Ma capii subito che il maniero interessava più a lei che a lui».
Quindi o Verona o Venezia.
«Johnny Depp è stato lì lì per acquistare Palazzo Donà Sangiantoffetti, edificio del XVII secolo sul Canal Grande, 14 milioni di euro».
Conosce Tommaso Debenedetti?
«No. Chi è?».
Un tizio che per anni ha venduto ai giornali italiani appetitose interviste con Michail Gorbaciov, Abraham Yehoshua, John le Carré, Gore Vidal, Arthur Miller, Paul Auster, addirittura cinque con Philip Roth e una con Joseph Ratzinger prima del conclave, più altri famosi personaggi. Che però non gliele avevano mai rilasciate, manco sapevano chi fosse.
«Capisco. Siccome sono un signor nessuno, lei mi sospetta di millanterie. Ma l’alone di mistero è un po’ voluto, sa? Altrimenti lei non sarebbe venuto a cercarmi».
Io devo solo capire chi ho davanti, e i lettori pure.
«Senta, mettiamo bene in chiaro una cosa: io non ho mai dichiarato d’essere amico di Madonna o di altri. Semplicemente vengo avvicinato da agenti e avvocati degli attori. Prenda Brad Pitt, per esempio. Ha soggiornato per mesi a Venezia con i sei figli mentre la moglie girava The tourist con Johnny Depp. Si annoiava. Siccome è appassionato di architettura e di vino, nel tempo libero ha voluto vedere alcune ville palladiane in Valpolicella, se n’è innamorato e ne ha comprato una. Che, detto fra parentesi, è diventata l’affare più importante della mia vita, visto che una mediazione può variare dal 3 al 7 per cento sul valore dell’immobile».
Buon per lei.
«La notizia dell’acquisto è uscita sulla stampa mondiale. Le pare che Pitt non disponga di un press agent che sarebbe stato in grado di smentirmi? E le foto delle sue ripetute visite in Valpolicella, pubblicate anche quelle? Di Caprio l’hanno ripreso in giro per Verona. Con la sua nuova fiamma Blake Lively s’è seduto in un banco della basilica di Sant’Anastasia, confuso tra i fedeli. Tutte immagini apparse a corredo dei servizi giornalistici sull’attico che gli ho venduto in piazza Bra. Dovrei essere un genio per organizzare una simile messinscena, per di più con l’ignara collaborazione dell’interessato, sperando poi che gli nascondano la rassegna stampa».
Che c’è di vero nell’indiscrezione secondo cui lei avrebbe proposto al principe William la tenuta La Selva, proprietà chiantigiana del defunto conte Claudio Maria Masi de Vargas Machuca?
«È andata così. Ho avuto l’incarico di vendere villa Orsetti, la residenza lucchese del giornalista Alan Friedman, in località Pieve di Compito, dove i suoi amici William d’Inghilterra e Kate Middleton erano attesi per la luna di miele. Ma poi c’è stato l’attacco della Nato alla Libia e il soggiorno è saltato. Nell’occasione il principe avrebbe dovuto vedere La Selva a Monteroni d’Arbia: villa del XII secolo, sei casali, chiese, due laghi, 900 ettari di parco. Nel 2010 era stata visitata anche da Silvio Berlusconi. Il presidente del Consiglio rinunciò all’acquisto perché la tenuta è attraversata da una strada comunale che rende problematica la sicurezza. Ho spedito al principe William fotografie e planimetrie».
È vero che sta trattando anche la cessione di villa Mammoli, d’impianto carolingio, in Lucchesia, di proprietà dell’oncologo Umberto Veronesi?
«Sì. Ci ho portato Tom Cruise, che è affascinato da queste magioni, tanto da aver voluto sposare Katie Holmes nella cornice del castello di Bracciano. Hanno anche scritto che avrei procurato a Berlusconi la villa di Lampedusa, ma non è vero».
Però vorrebbe accasare Rihanna, appena proclamata donna più sexy del mondo dalla rivista Esquire, sulle colline di San Martino Buon Albergo, sempre nel Veronese. Si stenta a crederlo.
«Una tenuta panoramica con villa settecentesca di 2.000 metri quadrati. Costa 9 milioni di euro. È già venuta a vederla».
Rihanna non è una cantante delle Barbados? Più panoramica di casa sua...
«Il Belpaese è trendy, piace agli stranieri. Non ne ho mai sentito uno parlarne male. Solo gli italiani parlano male dell’Italia».
È per questo che gli italiani si disfano di sontuosi palazzi anziché abitarci?
«No, quello dipende dalla crisi. Molti industriali vendono perché hanno l’acqua alla gola. E ci sono in giro un sacco di magnati cinesi, russi e indiani disposti a scucire sull’unghia 4 milioni di euro per un attico che ne vale al massimo 2,5. Purché sia in un centro storico».
L’immobile più costoso che offre?
«Il castello di Castiglione del Terziere, in Lunigiana, borgo medievale appartenente al professor Loris Jacopo Bononi, farmacologo e scrittore: 170 milioni di euro».
Quali requisiti deve avere una casa di charme, a parte costare un patrimonio?
«Il primo è la privacy. Di Caprio passeggiava per Verona, dove la gente è abituata a farsi gli affari suoi, e nessuno l’ha riconosciuto, a parte un fotoreporter».
Ha annunciato di voler comprare il Torino da Urbano Cairo, ma l’editore ha smentito di conoscerla.
«È stato Cairo ad annunciare che voleva vendere. Ho inviato una mail al suo legale, l’avvocato Antonio Magnocavallo, a nome di sei investitori interessati a rilevare la società granata, mettendo sul piatto 10 milioni di euro su un conto vincolato, a garanzia della serietà della trattativa. Sono stato preso a pesci in faccia».
Poi ha annunciato che voleva rilevare il Bari da Vincenzo Matarrese.
«Stesso pool d’investitori, desiderosi di entrare nel mondo del calcio. Anche qui c’è stato uno scambio di mail col rappresentante del Bari, lo studio legale Trisorio Liuzzi. La verità è che i presidenti fanno proclami di vendita per tenere calme le tifoserie quando le squadre vanno male. Io ci ho messo la faccia, oltreché i soldi».
Mi risulta che sia stato condannato in Canton Ticino dal giudice Claudio Zali per truffa.
«In Svizzera lavoro con molti clienti, alcuni dei quali purtroppo si sono serviti di una mia società per vendere 93 polizze assicurative, senza poi versare i premi alle compagnie. Un reato minore, tanto che mi è stata inflitta la sola pena pecuniaria di 9.000 franchi svizzeri, circa 7.000 euro».
E che storia è quella dei 100 euro che pretenderebbe per ammettere al colloquio i candidati quando si rivolgono alla sua società in cerca d’un posto di lavoro?
«Una provocazione malriuscita, come lo sbarco dei marziani annunciato alla radio da Orson Welles nel 1938. Siccome ricevo un centinaio di curriculum a settimana, per scremare ho annunciato che avrei messo questa specie di tassa. Mica per altro: m’ero stufato di ricevere perdigiorno in bermuda. Tengo a precisare che mai, e sottolineo mai, abbiamo incassato i 100 euro. Però dieci candidati che s’erano dichiarati disposti a versarli li ho convocati subito. E tre di loro li ho assunti».
Non sarà che lei è bravo soprattutto nel comunicare a costo zero?
«Non sono né “figlio di” né “nipote di”, ma ho tanta voglia di emergere. Nessuno mi ha mai regalato nulla. Se ho un’informazione ghiotta, chiamo personalmente le redazioni, perché non posso permettermi un ufficio stampa. Anzi, ne approfitto per darle una notizia esclusiva: voglio entrare in politica. E sono sicuro che ce la farò».
(565. Continua)
stefano.

lorenzetto@ilgiornale.it

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