Cézanne, a Palazzo Reale il re delle avanguardie

«Bisogna trattare la natura attraverso il cilindro, la sfera, il cono, il tutto messo in prospettiva, in modo che ogni parte di un oggetto, di un piano, sia diretta verso un punto centrale». Così scriveva nel 1904 Paul Cézanne dal suo studio in Provenza al collega neoimpressionista Émile Bernard. Quest’ultimo era, tra i francesi dell’avanguardia pittorica iniziata nel 1864 nelle stanze del “Salon des Refusés”, il collega che lo stimava più di tutti, al punto da considerarlo un autentico genio: «Più che un pittore - scriveva - Paul era la pittura stessa divenuta vita, e non c’era un istante in cui egli vivesse al di fuori di essa». E infatti al maestro di Aix en Provence si deve la germinazione dei grandi movimenti dell’arte moderna, il cubismo innanzitutto e, successivamente, l’astrattismo. A lui è dedicata la prima grande mostra della stagione di Palazzo Reale che inaugura la prossima settimana. Un’esposizione che, pur annoverando poche opere maggiori, è se non altro il frutto di un lungo progetto maturato e prodotto a Milano dall’assessorato alla Cultura con Skira, a cura di Rudy Chiappini con la collaborazione di Denis Coutagne e un comitato scientifico composto da Philippe Cézanne e il direttore del Musee d’Orsay Guy Cogeval. Un progetto ambizioso che ha permesso di portare a Palazzo Reale una quarantina di opere provenienti anche dal Musèe de l’Orangerie, dal Petit Palais, dalla Tate, dall’Hermitage, dalla National Gallery di Washington e altre grandi istituzioni internazionali. Un’occasione preziosa per immergersi nel percorso di un artista che ha maturato la sua rivoluzione della forma nei verdi accesi della campagna provenzale, dove visse e morì, ma anche nei celebri ateliers, a cominciare da quello di Jas de Bouffan, la casa di campagna paterna e, ovviamente in luoghi aperti come l’Estaque, tra le cui rocce dipinse paesaggi rivoluzionari, esaltandone e quasi scolpendone i volumi con pennellate dense e piatte. Paesaggi come quelli che vedremo a Palazzo Reale, ma anche nature morte e ritratti, tra cui il celebre Portrait de l’artiste del 1875, dove un giovane Cezanne ci guarda fisso in un ironico messaggio di sfida. La mostra di Milano offre lo spunto anche per scoprire studi e opere in cui il memorabile tratto è difficilmente riconoscibile, ovvero lavori dei primi anni ’60 come i dipinti murali delle «Quattro stagioni» realizzati per la casa del padre. O come quelle dipinte tra il 1859 e il 1865 dove l’artista si misurava con maestri del passato come Rubens (Tete femme d’apres Rubens), Caravaggio, Courbet o Delacroix. Poi finalmente ecco il ciclo en plein air, iniziato attorno al 1870, periodo in cui l’amico degli Impressionisti (lui non lo fu mai realmente) lasciò Parigi per la campagna. Di questa fase, certo più vicina all’immaginario di tutti, Palazzo Reale propone le famose Bagneuses e soprattutto la Montagna Sainte Victoire, di cui dipinse numerose versioni tra cui una considerata dalla critica il primo quadro cubista della storia. E poi ancora capolavori del paesaggio come Paysage del 1965, Paysage a l’oratoire et le Pont des Trois Sautets del 1966, Vue prise du Jas de Bouffan del 1975 e la celeberrima Viaduc a L’Estaque del 1883.

Saranno presenti anche altre vedute famose come gli angoli di bosco dipinti durante le lunghe soste allo Chateau Noir: in particolare Dans le parc du Chateau Noir del 1898 che fa parte della collezione dell’Orangerie e soprattutto La citerne dans le parc du Chateau Noir del 1900, in prestito dal Princeton University Art Museum.

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