Calcio

L'erba di San Siro non regge più, ma il progetto dei due stadi resta lontano

"Non ci sono i tempi tecnici per intervenire", sostiene l'agronomo. Eppure se Milan e Inter giocassero le proprie gare in impianti diversi si riuscirebbe a risolvere una volta per tutte questo problema che va avanti da decenni

L'erba di San Siro non regge più, ma il progetto dei due stadi resta lontano

Ma non sarebbe ora che Milano si dotasse di due stadi di calcio? La domanda è ricorsa spesso negli ultimi anni, considerando il fatto che il capoluogo lombardo è l'unica città che ospita due importanti squadre in Champions League nello stesso impianto sportivo. Tuttavia la risposta è sempre rimasta inevasa. Il dubbio sorge ulteriormente spontaneo nel momento in cui San Siro è costretto a ospitare, tra Milan e Inter, ben 13 partite nel giro di 48 giorni. Un problema che non è assolutamente inedito e che si ripete stagione dopo stagione, con il prato del Meazza che viene messo regolarmente "sotto processo". Il pallone rimbalza male, in molti tratti l'erba diventa terriccio e sulle zolle i giocatori rischiano di lasciare le caviglie. Insomma: per via dei troppi match che si disputano nella "Scala del calcio" in maniera troppo ravvicinata, il fondo del campo non regge e crea enormi disagi ai calciatori.

Del resto sull'argomento è tornato pochissimi giorni fa Simone Inzaghi: l'allenatore dell'Inter, dopo la vittoria contro l'Udinese, ha voluto giustificare alcuni errori tecnici commessi dai suoi giocatori. "Il campo ci disturba — ha spiegato il tecnico —. Vorremmo sistemarlo ma non ci sono i tempi giusti". Ecco, il punto chiave è proprio questo: il calendario non lascia respiro. Sì, ma perché il campo si riduce in questo stato? Giovanni Castelli, agronomo responsabile del terreno di San Siro dal 1991, analizza la questione in questo modo: "Il freddo incide, come ovviamente le tante partite. Nella seconda settimana di gennaio in sette giorni ci sono state quattro gare, due finite ai supplementari. A queste condizioni non c'è erba che tenga. Non ha il tempo di rigenerarsi".

San Siro e il nuovo stadio che non c'è

È vero che i numeri non mentono. Dalla ripresa del campionato (il 4 gennaio con Inter-Napoli) San Siro ha ospitato 12 partite in 45 giorni tra serie A, Coppa Italia e Champions, con il picco tra 8 e 14 gennaio: quattro gare tra campionato e Coppa. Inter-Porto di oggi sarà la partita numero 13 in un mese e mezzo. Si gioca senza soluzione di continuità. E pensare che la situazione, rispetto agli anni '90, sarebbe addirittura migliorata. All'epoca il prato del Meazza veniva definito "un campo minato".

L'inversione di marcia ci fu nel 2013, quando il manto erboso divenne misto, con l'innesto di un 30% di fibre sintetiche "cucite" all’erba naturale. Una novità che ha migliorato la tenuta del fondo, che comunque, se troppo "stressato", inevitabilmente va in crisi. Per tenere il campo in buone condizioni "utilizziamo tutte le diavolerie tecniche disponibili — aggiunge Castelli —. Il terreno è riscaldato dal basso e tenuto a 16 gradi 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Poi ci sono le lampade fotosintetizzanti, carrelli che illuminano il campo a 600 kilowatt, per far crescere più velocemente l'erba".

Come se non bastasse, "ci sono piccole serre che mettiamo vicino alle porte e fertilizzanti per rafforzare il manto erboso". Uno sforzo che prevede un personale ordinario di sei persone, implementato nei due giorni prima di ogni partita. Non è prevista una rizollatura: "È vero che nella parte centrale la densità è ridotta, ma è un fatto puramente estetico. I valori strumentali sono all'interno delle linee guida Uefa", assicura Castelli.

L'arrivo del bel tempo aiuterà a migliorare la situazione, nonché i giorni di riposo che ci saranno da marzo in avanti senza partite infrasettimanali: "Da domenica senza le potremo assecondare la crescita dell'erba. Poi sfrutteremo la pausa per le Nazionali per tirare il campo a lucido". Il nodo di due stadi diversi per Milan e Inter resta tuttavia irrisolto, benché ovvierebbe (anche) il problema della qualità del prato: nessuno pare volersi mobilitare concretamente in tal senso e, dopo le Olimpiadi invernali del 2026, lo storico Meazza verrà (forse) demolito.

A quel punto le macerie non riguarderanno più soltanto il prato.

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