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Caso Penati, quello strano bonifico da 14 milioni La tangente serviva per la scalata a Unipol e Bnl?

Occhi puntati sul bonifico dalla holding di Gavio nel 2005 alla Banca Popolare di Lodi di Fiorani, alleata di Consorte nella scalata a Unipol. I pm di Monza indagano sulla concomitanza di date con l'acquisto di azioni della Milano-Serravalle per cui Penati è sotto inchiesta. Una casualità?

Luca Fazzo - Enrico Lagattolla

Milano - Tutto accade quasi in contemporanea, nel giro di una manciata di giorni nel cuore dell’estate del 2005: un valzer di quattrini che è oggi il vero fronte caldo dell’inchiesta della Procura di Monza sulle tangenti rosse a Sesto San Giovanni, l’unico fronte in grado di far compiere all’inchiesta il salto di qualità che popola gli incubi dei dirigenti del Pd. In quei giorni assolati di sei anni fa, 238 milioni di euro escono dalle casse della Provincia di Milano per comprare a prezzo da capogiro il 15 per cento delle azioni dell’autostrada Serravalle. E, subito dopo, il costruttore Marcellino Gavio invia una montagnetta di milioni alla Banca di Roma e alla Banca Popolare Italiana, ovvero la Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani, che proprio in quei giorni sta aiutando e finanziando la scalata dell’assicurazione di sinistra Unipol alla Banca Nazionale del Lavoro.
I soldi che viaggiano in queste operazioni non sono segnati come quelli dei riscatti, e quindi non si può affermare che siano esattamente gli stessi quattrini. Ma la sequenza dei giorni e degli spostamenti fa una certa impressione. E non porta, alla fine, che a due conclusioni possibili. O siamo davanti a una coincidenza straordinaria. Oppure si può ipotizzare che l’operazione più spericolata della finanza legata ai Ds, quella che portò il segretario della Quercia Piero Fassino a esultare «abbiamo una banca!», sia stata finanziata con quattrini che provenivano dall’affare Serravalle, e quindi dalla corruzione del presidente della Provincia di Milano Filippo Penati, ex sindaco di Sesto San Giovanni.
Ecco le date. Il 17 luglio Giovanni Consorte, amministratore delegato di Unipol, dice a Fassino che la conquista di Bnl è cosa fatta. Il 19 luglio l’operazione viene annunciata pubblicamente. Il 29 luglio la Provincia di Milano compra le azioni della Serravalle al prezzo di 8,83 euro ciascuna dal gruppo Gavio che le aveva pagate 2,9, consentendo al costruttore di realizzare una sontuosa plusvalenza di 179 milioni. Il 3 agosto Satap, la holding di Gavio, versa 31 milioni alla Banca di Roma e 14 milioni alla Banca Popolare Italiana, ovvero la Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani. Bisogna ricordare che in quel periodo Fiorani è uno dei grandi alleati di Consorte della scalata a Unipol. E i suoi rapporti con Gavio sono ottimi, tant’è vero che lo ha arruolato anche nell’altra scalata finita sotto inchiesta, quella di Bpi a Antonveneta: che Gavio in un primo momento finanzierà, salvo sfilarsi in tempo utile per evitare i guai giudiziari.
Perché Gavio, cinque giorni dopo avere fatto l’affarone con la Provincia di Milano, manda quei soldi a Fiorani? La Procura di Monza se lo sta chiedendo in questi giorni. Ma una risposta l’avevano data, pochi mesi dopo il passaggio dei quattrini, due politici esperti come il sindaco di Milano Gabriele Albertini e Bruno Tabacci, oggi assessore al bilancio nella giunta Pisapia, che avevano messo in relazione l’affare Serravalle e l’affare Unipol. Il più esplicito era stato Albertini, che il 23 ottobre 2005 dichiara «una quota significativa della plusvalenza ottenuta da Gavio è stata utilizzata per favorire la scalata di Unipol a Bnl. È denaro pubblico che porta un vantaggio economico rilevantissimo a un imprenditore privato che poi aiuta quella componente politica che ha fatto questo passaggio per controllare una società finanziaria».
Allora quello descritto da Albertini poteva sembrare solo un episodio di malcostume politico. Ma oggi lo scenario è cambiato. Per la Procura di Monza, l’acquisto della Serravalle fu una operazione criminale, che portò ad arricchire un privato (Gavio) e a corrompere (o almeno a finanziare sottobanco) un politico. E se dovesse emerge un legame con una operazione seguita in diretta dai vertici dei Ds, l’affare Penati finirebbe bruscamente di essere una vicenda «locale», un guaio che riguarda solo il Pd milanese.
Nel frattempo, la Procura di Monza si prepara ad un passaggio cruciale dell’inchiesta: l’udienza del tribunale del Riesame che il prossimo 21 ottobre esaminerà il ricorso dei pm che chiedono di mandare in carcere per concussione Filippo Penati. Ieri i pm hanno già incassato un successo: il Tribunale ha respinto la richiesta di scarcerazione di Pasqualino Di Leva, l’assessore sestese all’Urbanistica. Ma è chiaro che la partita chiave si giocherà tra un mese, quando verrà esaminata la posizione di Penati.

In discussione non c’è se Penati abbia o meno incassato i soldi per oliare la pratica Falck, perché questo è stato ritenuto provato anche dal gip che ne ha rifiutato l’arresto, ma se si sia trattato di corruzione o di concussione. Il costruttore Giuseppe Pasini fu vittima o complice del sindaco di Sesto?

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