Che fatica una città da arredare

Quando si parla di arredo urbano, cosa tra le più semplici sta nel citare panchine e lampioni: soluzione elementare per mostrare una certa efficienza degli addetti ai lavori. Le panchine milanesi, quelle verdi a listelli orizzontali, non sono affatto prive di un buon design, e il loro deterioramento dipende anche dall'essere trasformate in letti come da una scarsa manutenzione. Di certo non possono essere le stesse nell'intera città, come non lo sono a Londra quelle magnifiche di legno verde collocate a Hyde Park. Così non si può pensare che tutti gli elementi di illuminazione viaria siano uguali, dato che le strade mutano in larghezza e presentano sul loro tracciato alberi e case di diversa altezza, cosa che incide non poco sulla funzionalità degli apparecchi. Ma l'arredo urbano in tutto il mondo è protagonista nella piazza. La nostra città, nella maggioranza dei casi, e pensiamo per fare un esempio a Cavour, Loreto, Repubblica, le ha nel tempo trasformate in spartitraffico, per tram, bus e auto. Addirittura quella della Scala, che dovrebbe avere come protagonista dell'arredo il teatro stesso, lo vede confinato dietro il passaggio di mezzi pubblici e privati. Purtroppo un ruolo utile, ma compromettente sotto il punto di vista estetico, lo ha avuto lo sviluppo della rete tranviaria, che ha condizionato strade grandi e piccole con i suoi binari: la stessa piazza Duomo solo ottanta anni diventò quella attuale liberandosi dal carosello dei tram che ne percorreva tutto il perimetro.

Milano dunque non è certo terreno facile per lo sviluppo dell'arredo urbano, e necessita di accorgimenti intelligenti, razionali, discreti ma visibili, non facilmente poi deteriorabili da mani vandaliche. Occorrono comitati e gestioni illuminati, dai quali si tengano ben lontani personaggi come quelli che anni fa approvarono gli incredibili lampioni di corso Lodi.

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