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Autostrade, pochi investimenti e grandi dividendi

Avviati pochi cantieri perché ci sono elementi che contrastano gli investimenti preventivati per 21 miliardi di euro. Nel frattempo, i soci si spartiscono 924 milioni di euro e i costi dei pedaggi aumentano. Il ministero dei Trasporti chiamato a mediare una situazione non facile

Autostrade, pochi investimenti e grandi dividendi

Il quadro d’insieme della situazione può destare qualche preoccupazione: gli investimenti per le autostrade sono pressoché fermi al palo, dei 21 miliardi previsti sono stati avviati cantieri per 3,5 miliardi di euro.

I pedaggi sono aumentati mediamente del 2% e, sempre in media, tra giugno e luglio aumenteranno ancora dell’1,34%. A ciò si aggiunge che i dividendi, ovvero la parte di utili che viene destinata agli azionisti, hanno raggiunto i 924 milioni di euro.

Ci sono delle difficoltà oggettive che frenano gli investimenti e vanno valutate, così come va preso in considerazione il fatto che da ciò derivano disservizi per gli utenti.

Perché gli investimenti sono bloccati

Autostrade per l’Italia gestisce circa 3mila chilometri di assi viari e il piano industriale firmato nel 2020 dall’amministratore delegato Roberto Tomasi prevedeva 21 miliardi di investimenti da effettuare entro il 2038, 14 miliardi dei quali destinati alle opere e 7 miliardi alle manutenzioni.

A oggi sono stati avviati lavori per circa 3,5 miliardi di euro, un procedere a rilento dettato dalla necessità di fare chiarezza sulle leggi in vigore, cosa che si è resa possibile soltanto dal momento in cui c’è stato l’avvicendamento al ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, ovvero da quando il nuovo governo – e il ministro Matteo Salvini – si è insediato.

Il Consiglio superiore dei Lavori pubblici ha diramato le linee guida attese e ora Autostrade per l’Italia dovrà adattare i propri progetti alle nuove disposizioni le quali, entro 45 giorni, dovranno a loro volta essere approvate dallo stesso Consiglio superiore dei Lavori pubblici.

Ciò significa che tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno dovrebbero essere avviati i cantieri della Gronda di Genova (4 miliardi) e del Passante di Bologna (1,5 miliardi di euro).

Oltre all’impasse che si è verificato al momento in cui, nel 2022, la famiglia Benetton ha lasciato lo scettro di Autostrade per l’Italia in mano a Cassa depositi e prestiti (Cdp) a bloccare gli investimenti contribuisce anche l’aumento dei costi dei materiali di costruzione, stimato in ragione del 40%, cosa che induce Autostrade per l’Italia a rivedere le voci di spesa coinvolgendo i ministeri competenti. Per essere più chiari: sarà necessario capire chi contribuirà finanziariamente.

L'impasse è stata risolta dalle linee guida emanate dal Consiglio superiore dei Lavori pubblici, la questione finanziaria è una partita ancora tutta da giocare.

Gli aumenti dei pedaggi

I lavori di costruzione e di manutenzione vanno avanti a rilento, mentre i pedaggi corrono. È vero che dal 2018 al 2023 non ci sono stati aumenti, è anche vero che al 2% medio di rincaro introdotto lo scorso mese di gennaio si accoderà un ulteriore rincaro medio dell’1,34% durante l’estate. Aumenti che fanno riferimento alle tratte gestite da Autostrade per l'Italia.

Gli azionisti di Autostrade per l’Italia vogliono introdurre aumenti dei pedaggi più corposi rispetto all’1,6% annuo fino al 2038 o, in cambio, ottenere un periodo di concessione prolungato. E qui entra in gioco il ministero dei Trasporti, che per il momento non è intenzionato ad allargare le maglie più di quanto già fatto.

Gli utili di Autostrade per l’Italia

Autostrade per l’Italia è una società per azioni che fa capo a Cassa depositi e prestiti (51%) e ai fondi Blackstone e Macquarie (ognuno con il 24%), soci a cui è toccata in sorte la distribuzione di 924 milioni di euro di dividendi (pari al 75% degli utili), cosa questa che rende almeno in parte incomprensibile la richiesta di una maggiore generosità da parte della Cosa pubblica per il finanziamento degli investimenti.

Va anche considerato che Cassa depositi e prestiti è pe l’83% in mano al ministero delle Finanze e dell’Economia.

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