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Cedolare al 26%, cosa cambia per gli affitti brevi

La manovra 2024 prevede che la cedolare al 26% sia applicata soltanto a partire dal secondo immobile messo a reddito sul mercato degli affitti brevi. Le associazioni di settore non sono favorevoli. Ecco cosa sapere

Cedolare al 26%, cosa cambia per gli affitti brevi

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Uno dei quattro pilastri su cui si fonda la manovra 2024 è il favorire la spesa pubblica. Per questo motivo, anche a fronte degli alleggerimenti fiscali in favore dei lavoratori, occorre finanziare le casse statali con misure che non gravino sulle fasce economicamente più deboli della popolazione.

Nel testo della manovra si parla così anche di affitti brevi, mercato un po’ selvaggio i cui attori sono tipicamente proprietari di più immobili abitativi e, per questi, la cedolare dovrebbe passare dal 21% al 26%.

Benché non ci sia ancora nulla di definitivo, ecco come intende intervenire il governo limitandosi però a tassare chi possiede più abitazioni e le mette a disposizione dei turisti.

Affitti brevi, tasse al 26%

Le norme attuali prevedono che chi affitta almeno cinque case è da considerare un professionista e deve sottostare all’obbligo di apertura di una partita Iva e, di conseguenza, perde il diritto di avvalersi della cedolare secca.

Ora la forchetta dovrebbe in qualche modo stringersi, salvando dalla maggiorazione soltanto chi mette a disposizione degli affitti brevi una casa. A partire dalla seconda in poi l’aliquota prelevata sale dal 21% al 26%, in pratica un quarto in più.

Il mercato degli affitti brevi

Gli affitti brevi, ovvero quelli sotto i 30 giorni, danno vita a un mercato effervescente. Sul web sono censiti circa 500mila annunci ai quali vanno aggiunte le case che vengono affittate senza ricorrere alla rete e i cui fatturati, spesso, rimangono sconosciuti al fisco.

Concedere in affitto case ai turisti risulta essere più vantaggioso rispetto agli affitti di lunga durata e, benché sia impossibile stabilire in che misura abbia contribuito chi pratica gli affitti brevi, nel 2022 sono stati 1,9 milioni i cittadini che hanno fatto ricorso alla cedolare secca, generando introiti erariali per 11,8 miliardi di euro.

In precedenza, il ministro del turismo Daniela Santanché ha avanzato l’ipotesi di ridurre a due la soglia degli immobili oltre i quali è necessaria l’apertura di una partita Iva e che quindi fa decadere il vantaggio della cedolare secca. Una proposta che è osteggiata dalla Lega e che è rimasta ferma al palo.

La posizione delle associazioni di categoria

Il timore dell’associazione dei property manager Aigab è quella secondo cui un intervento simile favorisce gli albergatori e spinge verso il nero chi concede casa per gli affitti brevi.

I gestori professionali agiscono da sostituto di imposta trattenendo la cedolare secca mentre i giganti del mercato come AirBnb contribuiscono in modo molto limitato al gettito fiscale, tant’è che oggi esiste un contenzioso con lo Stato italiano per il versamento di 500 milioni di imposte che il gigante americano degli affitti brevi non vede di buon occhio.

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