Cronaca locale

Computer e sensori Latini in scena col dramma virtuale

Prima volta del regista romano con «Per Ecuba» e «Ubu incatenato»

Pietro Vernizzi

Arrivano per la prima volta a Milano, al teatro Verdi, due degli spettacoli più suggestivi dell’attore e regista romano Roberto Latini: Per Ecuba, in scena da stasera al 19 febbraio, e Ubu incatenato, dal 21 al 26. Per rappresentare il dramma di Alfred Jarry, l’artista salirà sul palco rivestito da un esoscheletro collegato a sette computer in grado di trasformare i suoi movimenti reali in una figura virtuale. Spiega Latini: «L’attore è come un Dummy, un manichino da crash-test. Sperando ogni volta che si gonfi l’airbag». Anche se Per Ecuba prende le mosse da un classico, l’Amleto di Shakespeare, in cui però spariscono la trama, il castello e tutti i personaggi tranne uno, il protagonista. «Dell’originale restano solo sono ombre - osserva -. Amleto è molto già conosciuto, e questo mi permette di concentrarmi sul modo di rappresentarlo».
In che modo il teatro può esprimere l’essere ?
«Dipende dal grado di partecipazione che si realizza, dallo scambio tra la platea e il palco. Ciò che rende interessante il teatro è questo rapporto e non di per sé quello che fanno gli attori. Quando inizia uno spettacolo, la mia compagnia parte sempre, subito e nettamente in direzione del pubblico».
Perché paragona l’attore al Dummy usato per testare le auto?
«Se c’è un’icona dello stare sul palco questa è proprio il Dummy, un pupazzo costruito come se fosse un uomo, che va a schiantarsi contro un muro per vedere l’effetto che fa. Rende l’idea di ciò che avviene a un attore, quando cerca di smaterializzarsi come essere umano per dare vita al personaggio. E poi in Ubu incatenato c’è una figura virtuale, proiezione dell’attore: una specie di pupazzo per rappresentare un altro pupazzo».
Di che cosa si tratta ?
«Durante lo spettacolo avrò a ogni giuntura tre misuratori elettronici, uno per dimensione spaziale. Metterò dei sensori sulle dita, mentre un cavo collegherà la mia schiena con sette computer, in grado di trasformare i miei movimenti in immagini virtuali proiettate su tre schermi.

A un certo punto apparirà un personaggio antropomorfo, una specie di omino, poi una fiamma e altro ancora. La sfida sta nel fatto che se sbaglio a muovere un piede di dieci centimetri, sugli schermi succede quello che non deve succedere».

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