Cronaca giudiziaria

Crac Mps, tutto da rifare. La Procura generale contro le assoluzioni

La Pg di Milano Gualdi accusa giudici e pm: "Mussari sapeva del crac, perizie ignorate"

Crac Mps, tutto da rifare. La Procura generale contro le assoluzioni

Non è chiusa la pagina della gestione di marca Pd del Monte dei Paschi di Siena, che portò la banca più antica del mondo fino alle soglie del crac. L'assoluzione che la Corte d'appello di Milano aveva pronunciato nel maggio scorso a favore di Giuseppe Mussari, il numero uno di Rocca Salimbeni, e del suo staff viene impugnata dalla Procura generale di Milano con un ricorso di rara durezza nei confronti dei giudici che dichiararono Mussari innocente dei reati commessi durante gli ultimi anni del suo regno senese. Per assolvere Mussari - e di rimbalzo l'intero sistema di potere che gli ruotava attorno - i giudici milanesi avrebbero inanellato strafalcioni giuridici e ignorato prove decisive. Alla Cassazione viene chiesto di annullare l'assoluzione e disporre un nuovo processo.

A firmare il ricorso è Gemma Gualdi, il procuratore generale che alla battaglia per la verità su Mps ha dedicato buona parte dei suoi impegni recenti. Basti pensare che l'ex capo della Procura Francesco Greco e i suoi consulenti Roberto Tasca e Lara Castelli sono tuttora sotto inchiesta a Brescia per avere tenuta nascosta alla Gualdi una perizia che attestava lo stato sostanziale di fallimento in cui versava Mps. I successori di Mussari, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, rischiano anch'essi di essere rinviati a giudizio per le falsità che avrebbero raccontato ai mercati sullo stato di salute dell'istituto. Sullo sfondo, il salvataggio della banca voluto dal governo Renzi e costato miliardi ai contribuenti italiani.

In maggio insieme a Mussari, il suo direttore generale Antonio Vigni e al resto del gruppo dirigente vennero assolte anche le due grandi banche che sedevano anch'esse sul banco degli imputati, Deutsche Bank e Nomura, accusate di avere piazzato alla agonizzante Mps con le operazioni Santorini e Alexandria dei prodotti finanziari utili solo a ottenere un «illecito vantaggio contabile». In primo grado Mussari era stato condannato a tre anni e mezzo di carcere ed era stata dichiarata la piena responsabilità delle due banche.

Secondo il ricorso della Gualdi, la sentenza d'appello che ha assolto tutti gli imputati è «errata nelle conclusioni, errata nel merito, emessa in violazione delle norme di legge», figlia di «argomentazioni frammiste, omissioni probatorie, contraddizioni interne». I giudici di appello sono accusati di avere ignorato le consulenze stilare «dai massimi esponenti della materia scientifica» per utilizzare, appiattendosi su di essa, solo la consulenza di parte portata in aula da Deutsche Bank.

In sostanza, secondo la Procura generale, i bilanci vennero falsificati e vennero raccontate bugie ai mercati finanziari solo per occultare le perdite nei bilanci, che avrebbero costretto la Banca d'Italia a mettere in liquidazione Mps. Così si torna al tema originario del dissesto, i finanziamenti concessi senza controlli e senza garanzie, solo per consolidare il sistema di potere di cui la banca era il braccio finanziario, generando crediti che non avevano alcuna speranza di essere riscossi e minando in modo irreparabile la solidità di Montepaschi.



Alla figura di Mussari il ricorso dedica le parole più severe: «Mussari si è occupato direttamente dell'acquisizione di Banca Antonveneta», l'operazione che trascinò i conti di Mps verso l'abisso, ed era pienamente consapevole dei contenuti dell'operazione Santorini nonché «dei risvolti che costituivamo la finalità per cui era stata congegnata».

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