Cronaca giudiziaria

“Criticò Davigo ma non lo diffamò”. Assolto il giornalista Paolo Mieli

“Il fatto non costituisce reato” secondo il giudice monocratico del Tribunale di Milano Luigi Varanelli

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Paolo Mieli è stato assolto a Milano dall’accusa di aver diffamato l’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo. Fu una critica, non diffamazione il parere del giudice monocratico della terza sezione penale del tribunale, Luigi Varanelli, accogliendo le richieste del pm Paolo Filippini e dell'avvocata Caterina Malavenda, legale del giornalista. La vicenda risale al 5 giugno 2020, al centro della discussione l’editoriale scritto dal giornalista per il Corriere della Sera in cui commentava un’intervista rilasciata a “Non è l’arena” – su La7 – dall’ex membro del Consiglio superiore della magistratura Luca Palamara.

"Palamara ha tenuto a citare il nome dei più importanti procuratori della Repubblica per sottolineare come lui in persona avesse avuto parte nella loro designazione", le parole di Mieli sul Corriere della Sera: "Talvolta, ha lasciato intendere, d'accordo con l'uomo di maggior rilievo (per prestigio, notorietà e forza acquisita) nella magistratura italiana: Piercamillo Davigo. Quantomeno con qualcuno della sua corrente". Ritenendo questo passaggio lesivo della sua reputazione, Davigo aveva sporto querela evidenziando di non aver mai avuto niente a che fare con il “sistema Palamara”. Poi il sostituto procuratore Francesco Ciardi – senza acquisire il video di “Non è l’arena” aveva messo in deposito gli atti e il procuratore aggiunto Fabio De Pasquale aveva disposto la citazione diretta a giudizio dell’ex direttore del Corriere.

Mieli e Davigo durante il dibattimento erano stati ascoltati nei mesi scorsi dal giudice Varanelli. Come riportato dal Corriere, quest’ultimo aveva più volte chiesto all’ex pm di Mani pulite se l’oggetto delle sue doglianze fosse proprio il passo in cui il giornalista esprimeva la sua opinione su quello che aveva ascoltato i televisione. Mercoledì mattina il giudice ha invitato l’avvocato di Davigo, il legale Francesco Borasi, a valutare se rimettere la querela. Mieli, dal canto suo, ha spiegato che avrebbe accettato la remissione solo se fosse arrivata prima, rimarcando che la causa “è stata una esperienza molto dolorosa”.

“Questo processo nasce da un equivoco”, ha rimarcato in requisitoria il pm Paolo Filippini prima di chiedere l’assoluzione: “Dall’errore sia della parte offesa di denunciare il giornalista, sia della Procura di mandare a giudizio il giornalista, senza prima avere acquisito la fonte, ossia il video della trasmissione in cui Palamara, su forte pungolo e strategia giornalistica di Giletti, che gli chiedeva se davvero Davigo potesse atteggiarsi a “vergine”, rispondeva in modo sibillino”.

Mieli nel suo articolo “non ha fatto altro che richiamare quel passaggio della trasmissione e introdurvi una lettura di secondo livello che rientra assolutamente nell’esercizio della critica giornalistica" senza volontà di diffamare Davigo.

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