100 giorni alle elezioni

La guerra, il ritorno di Trump e le ombre cinesi: ecco la vera partita delle elezioni europee

Le elezioni europee del prossimo giugno segneranno il futuro prossimo dell'Unione Europea, cinque mesi in anticipo sulle elezioni presidenziali americani. Il destino dell'Europa tra l'ombra del ritorno di Donald Trump e le sfide economiche e di sicurezza

La guerra in Ucraina, il ritorno di Trump e le ombre cinesi: ecco la vera partita delle elezioni europee

Quattro mesi al cinquantennio del nostro quotidiano e 100 giorni alle elezioni europee che potrebbero cambiare le sorti dell'Unione mentre tutto è già cambiato: il 29 febbraio prossimo, per celebrare questo countdown speciale, ilGiornale ha scelto di riunire la crème della classe dirigente italiana presso il Circolo Filologico Milanese (ore 9 -12:45) in occasione dell'evento "Il futuro dell'Europa" (qui il programma completo). Un'occasione per riflettere sui due pilastri principali dell'Unione, quello economico e quello politico e dei diritti, costantemente messi in discussione dai tumulti geopolitici recenti: un destino che, in parte, verrà scritto nei prossimi mesi.

Elezioni Usa vs elezioni europee: chi ha paura di Donald Trump?

Nell'anno considerato come "il più elettorale della storia", l'Europa andrà al voto quasi cinque mesi prima degli Stati Uniti. Decimo appuntamento elettorale per il Parlamento europeo, che deciderà l’elezione di 705 parlamentari europei. Un appuntamento all’insegna della continuità o della sterzata? Le previsioni registrerebbero un calo per la cosiddetta “maggioranza Ursula” (Pp, S&D, Re) in favore di raggruppamenti di destra, euroscettici e indipendenti. Papabile ascesa per il gruppo ID (Identità e democrazia) che vede al suo interno alcuni big come Marine LePen e il suo Rassemblement National, ma anche l’Afd tedesco. Questo significa che dalle urne dovrà ancor più venir fuori una maggioranza solida e proattiva che possa reggere anche il worst-case scenario americano: ovvero la rielezione di Donald Trump. Qualora, infatti, il tycoon dovesse tornare alla Casa Bianca, è facile ipotizzare come i rapporti con l'Europa - e i Paesi Nato in generale - muteranno bruscamente. Un'America trumpiana again è un'America isolazionista, che non si accontenterà del China second - come avrebbe voluto Joe Biden - ma che esige l'America first. E per farlo The Donald non avrà pietà degli alleati europei: nel destino d'Europa, dunque, numerosi rischi in tema di barriere commerciali e sicurezza, che tuttavia potrebbero anche essere colti come delle grandi opportunità per un'Unione "più perfetta": quella europea.

Ad onor del vero, la geopolitica del disimpegno è cominciata ben prima di Trump, già durante l'era Obama: il ritorno del magnate alla Casa Bianca, tuttavia, sarà senza dubbio figlio del primo mandato. Nel cortile di casa l'amministrazione Trump aveva abbracciato in pieno la dottrina Monroe, ma al di fuori le cose non sono andate poi così diversamente. Il tentativo di puntare ad ogni costo sul fianco orientale della Nato, ovvero su alleati minori come Bulgaria e Romania, non ha avuto altro senso se non quello di rendere l'Europa maggiorenne a tal punto da potersi disimpegnare dal vecchio continente. Poi, ci ha pensato la guerra in Ucraina a sparigliare le carte. Ma se l'Europa ora si ritroverà Trump dall'altra parte dell'Atlantico, sarà tempo di far da soli: le elezioni Usa potrebbero mettere l'Europa di fronte alla necessità di affrontare le proprie sfide di sicurezza senza contare sull'ombrello atlantico, optando per scelte più morigerate e definitive.

Il dossier Ucraina dopo le elezioni europee

Così come negli Usa, il supporto europeo all'Ucraina contro l'"operazione speciale" di Vladimir Putin, al volgere del terzo anno di guerra, non è più solo una vicenda esistenziale, ma anche una questione di "assegni in bianco". Sul campo di battaglia, la guerra di logoramento è quella che ha più chance di qualsivoglia scenario immaginato. Kiev, dal canto suo, potrà resistere solo se Europa e Stati Uniti continueranno a offrire il supporto necessario. Ma il 2024 è anche l'anno dei negoziati di adesione all'Unione sia per l'Ucraina che per la Moldavia: fare progressi su questo aspetto sarà molto difficile con un parlamento europeo in cui l'euroscetticismo aumenta. Ma soprattutto, l'Unione dovrà vedersela con l'elefante nella stanza, ovvero l'Ungheria di Viktor Orban che seguita a utilizzare la questione come arma di ricatto al tavolo dei 27.

Il futuro del sostegno europeo a Kiev, dunque, non passerà solo dalle elezioni europee e dal loro esito, ma anche dall'approccio americano post 5-novembre. Se l'Europa dovesse vacillare nel consenso al supporto militare a Kiev, anche l'unanimità sulle sanzioni potrebbe venir meno. Un'Europa che oscilla su Kiev esporrebbe non solo l'Ucraina, ma il continente stesso, all'intensificarsi della virulenza delle pressioni russe. Tutte queste oscillazioni rischiano, inoltre, di tradursi in una serie sconfinata di cavilli sui Paesi candidati come Moldavia e Ucraina, il cui processo di integrazione fallirebbe progressivamente. Si tratta di un pendio molto scivoloso, sul quale l'Europa rischia di giocarsi gli obiettivi per i quali è nata nel Secondo Dopoguerra.

La "finestra cinese"

Un'Europa più incerta e orfana degli Stati Uniti potrebbe volgere lo sguardo verso Pechino? Una tesi che il Dragone già sostiene da tempo: lo asserisce con veemenza negli ultimi tempi il ministro degli Esteri cinese, fermamente convinto di un certo "entusiasmo europeo" per la cooperazione pratica tra Europa e Cina. Gli esiti insicuri delle elezioni europee e un possibile ritorno di Trump, infatti, potrebbero essere un'ottima finestra per Pechino, mentre tenta di riguadagnare fiducia nel Continente. Ed è su questo sentiment che Wang vuol puntare, raccolto soprattutto a margine della Conferenza per la sicurezza di Monaco, dove ha incontrato numerosi omologhi europei. Le incertezze dei prossimi mesi, dunque, unitamente all'"ineluttabilità della Cina" negli affari globali, potrebbero spingere l'Europa verso un approccio nettamente più pragmatico nei confronti di Pechino.

Negli ultimi anni l'Europa è stata costretta ad un progressivo raffreddamento nei confronti della Cina, passando dall'afflato solidaristico della pandemia al disallineamento dalla via della Seta, per via della guerra in Ucraina. Ma un'Europa bistrattata da Trump potrebbe anche scegliere di triangolare sempre più i suoi rapporti multipolari con Pechino, liberandosi dalle pressioni americane e coltivando un partner che avrà sempre meno incentivi a spalleggiare Mosca. In questo il governo cinese si esercita da funambolo da ben due anni, senza avallare tantomeno condannare l'invasione dell'Ucraina. Non è forse anche questa l'"autonomia strategica" tanto applaudita da Emmanuel Macron?

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