Cronaca nera

Torture o film porno? Quale verità sulla cassetta del caso Orlandi

Dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi venne fatta trovare un'audiocassetta con presunte grida di dolore e torture: è autentica o un depistaggio?

Torture o film porno? Quale verità sulla cassetta del caso Orlandi
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C’è un’audiocassetta - o meglio, ce ne sarebbero due - che potrebbero giocare un ruolo importante nella soluzione della scomparsa di Emanuela Orlandi. Si tratta di un tipo di nastro magnetico comune nel 1983, quando la 15enne cittadina vaticana svanì nel nulla: è il suo contenuto però che potrebbe rivelarsi importante, a meno che non si tratti di un depistaggio. E sembrano esisterne diverse versioni.

Le due audiocassette

Il 22 giugno 1983, mentre a casa i famigliari la attendevano, Emanuela Orlandi non fece ritorno. Roma fu tappezzata con i manifesti del suo volto e iniziarono a fioccare le segnalazioni - molte delle quali però si rivelarono frutto di mitomania. Ercole Orlandi, padre della giovane, tra le tante ricevette però una telefonata significativa: gli fu fatta ascoltare la voce di una ragazza che l’uomo riconobbe come la sua prole scomparsa.

Il 5 luglio 1983 venne recapitata alla sede Ansa di via della Dataria un’audiocassetta. Il mittente fece sapere, attraverso una telefonata, che non era il primo nastro che si cercava di recapitare: 3-4 giorni prima una cassetta analoga sarebbe stata lasciata sotto il colonnato di San Pietro e prelevata da presunti funzionari vaticani. A oggi questo primo nastro non solo non è stato trovato, ma non ne è stata provata neppure l’esistenza. La voce che fu fatta ascoltare a Ercole Orlandi è la stessa che si sente nell'audiocassetta?

Cosa conteneva la cassetta data all’Ansa

Manifesti Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi

Come tutte le audiocassette, anche quella ricevuta dall’Ansa e consegnata agli inquirenti aveva un lato A e un lato B. Il lato A contiene un proclama, lento e con intonazione straniera, di 31 minuti in cui si chiede la liberazione di Ali Mehmet Agca, l’uomo che il 13 maggio 1981 aveva sparato al pontefice, ferendolo: “Ci troviamo a mutare la considerazione nella giovane età della cittadina Orlandi Emanuela […] Con l’attesa dell’appello precipuo del capo di stato Giovanni Paolo II”.

Il lato A, in cui a differenza del lato B non è presente nessun taglio, ha solleticato nel tempo la fantasia di molti: è possibile che Emanuela Orlandi sia stata rapita per ricattare in qualche modo il Vaticano? O ancora: evocare l’attentato a papa Giovanni Paolo II potrebbe essere l’ennesimo depistaggio? Certo è che quel lato A conteneva anche la richiesta che il Vaticano attivasse una linea telefonica dedicata, richiesta che all'epoca venne soddisfatta.

Il lato B ha un contenuto inquietante. Si sente la voce di una donna o di una ragazza che viene ripetutamente torturata. Urla di dolore, richieste di aiuto e talvolta parole misteriose. “Era di una crudeltà che faceva rimanere freddi, faceva paura”, ha raccontato in un’intervista a Quarto Grado l’ex agente della Digos Antonio Asciore, che consegnò la cassetta agli inquirenti.

Esistono diverse versioni di questo lato B - ed esistono trascrizioni diverse di tre corpi inquirenti tra cui il Sismi - e sicuramente Ercole Orlandi ne ascoltò una, ritenendo che in alcuni tratti la voce potesse essere quella della figlia. Gli inquirenti liquidarono il nastro come un collage di spezzoni di film porno, eppure il Sismi era di tutt’altro parere: secondo i servizi segreti, era molto probabile che quella voce fosse di Emanuela Orlandi.

Chi ascoltò quello che probabilmente all’epoca era il nastro originale racconta della presenza di voci maschili, mentre gli esperti che attualmente hanno analizzato l’audiocassetta hanno parlato di presunti “tagli”, come il nastro magnetico sia stato tagliato manualmente e incollato, per poi essere duplicato su un’altra cassetta. “Non è la stessa cosa, perché era più chiaro - ha commentato Asciore riascoltando la versione della cassetta giunta al 2023 - Poi si sentiva una voce maschile che urlava, ma qua non ci sta niente, ci sta solo il lamento della ragazza. Perché questi rumori, probabilmente, sono stati messi da qualcuno per nascondere le voci riconoscibili, forse, degli uomini”.

Nuove ipotesi e prospettive

Emanuela Orlandi

Speranza è da sempre la parola d’ordine che viene accostata al caso di Emanuela Orlandi. Dopo 40 anni è un filo sottile che chiede di sapere quale sia stato il destino della 15enne, se sia ancora viva e soprattutto perché è scomparsa. Nel 2023 sia il Vaticano che la procura di Roma hanno riaperto le indagini, ed è stata istituita una Commissione parlamentare ad hoc. La famiglia si sta avvalendo di esperti e le nuove tecnologie danno una mano, tanto che coloro che seguono la vicenda cercano di dare una mano come possono, attraverso riattualizzazioni di identikit ma soprattutto con la pulizia dell’audio di questa ormai nota cassetta.

Quello che emerge dall’analisi linguistica è che l’intonazione della giovane voce che si ascolta sul nastro appartiene con ampia probabilità a un’adolescente di area romana. Non solo: la famiglia Orlandi ha interpellato il consulente fonico Marco Perino, secondo il quale ci sono dei punti che potrebbero essere stati malinterpretati nelle trascrizioni. Per esempio si è sempre ritenuto che la voce dica “sto svenendo, sto svenendo”, ma in realtà pronuncerebbe le parole “vai più in alto, stai più in alto”. Nella traccia audio digitale in dotazione a Perino, ascoltato a Quarto Grado, si vedrebbero fino a 15-20 tagli presumibilmente avvenuti in analogico sul nastro originale: “Nel file digitale che abbiamo vediamo dei tagli nel lato B che però non sono presenti nel lato A”.

Un telespettatore di “Chi l’ha visto?”, presentato con il nickname Axel, ha ripulito volontariamente l’audio. Ora la frase “Dio che mi lasci dormire adesso” sembra essere invece “Dove mi lasci dormire adesso?”. La trasmissione di Rai 3 ha ascoltato l’ex pornostar, oggi produttrice cinematografica, Jessica Rizzo, che ha allontanato l’ipotesi ventilata a Ettore Orlandi: i suoni del nastro non possono essere quelli di un film pornografico, al massimo quelli di uno snuff movie, ovvero una pellicola in cui una persona viene torturata e seviziata realmente. “A me non sembrano tanto grida di piacere - ha commentato l’ex attrice - O è un film sadomaso… Io ho fatto 250 film, ma c’erano più grida di piacere, poi mentre si gioca, ci si diverte, scappano anche delle parole, a volte spinte.

Qui avverto qualcosa di lugubre, non di eccitante”.

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