Cronache

Abusivi alla reggia borbonica: nemmeno lo sfratto li smuove

Dopo lo scandalo alla Reggia di Caserta, le occupazioni al palazzo Reale di Capodimonte. Sulle spalle degli abusivi sentenze di sfratto esecutivo. Ma nessuno se ne va

Abusivi alla reggia borbonica: nemmeno lo sfratto li smuove

Ricordate lo scandalo «affittopoli» alla Reggia di Caserta? Ebbene, la storia si ripete a Napoli, dove alcuni alloggi del palazzo Reale di Capodimonte sono letteralmente occupati da anni. E non dai discendenti dei Borbone, né da quelli dei Bonaparte, dei Murat o dei Savoia - tutti illustri inquilini di Capodimonte - ma dagli eredi di ex lavoratori. Proprio così: nel cuore del parco che si estende per 124 ettari, ad un centinaio di metri di distanza dalla residenza borbonica, famiglie e parenti di vecchi dipendenti vivono da abusivi in un decadente palazzo del ‘700, con tanto di sentenza di sfratto esecutivo sulle spalle.

In una calda giornata autunnale tipicamente partenopea, da una delle vecchie finestre della residenza con vista bosco, una donna si affaccia per stendere il bucato, sotto gli occhi di alcuni turisti inglesi (guarda il video). E mentre nel cortile del palazzo auto e moto sono parcheggiate come se ci si trovasse in un condominio, qualcuno ferma la propria vettura davanti al cancello per scaricare qualcosa. Il tutto in un giardino protetto, un tempo utilizzato dai sovrani per battute di caccia e per l'organizzazione di feste ed oggi frequentato quotidianamente da podisti e dai non molti visitatori stranieri. «Alcuni sono già andati via, altri sono rimasti - confessa un lavoratore attempato ma vivace - si tratta spesso di persone anziane, oppure in particolari situazioni personali. Loro non vogliono andar via e sinceramente non credo che se ne andranno». Eppure, tra le mura principesche la voce del rischio di sfratto deve essersi fatta insistente, tanto che nel condominio borbonico pare ci si protegga reciprocamente: «Qui non c’è più nessuno», dice una ragazza che si aggira nel cortile mentre ascolta musica dalle cuffie con fare sospettoso.

Al posto degli appartamenti dovrebbero sorgere uffici, archivi e la direzione del plesso museale: interventi che si rendono necessari nell’ambito del progetto di rilancio di un bene culturale tra i più importanti del nostro Paese ma che colleziona soltanto 140mila visitatori l’anno. Il direttore di Capodimonte, Sylvain Bellenger, ha voluto affrontare la questione sin dal momento del suo insediamento nell’estate 2015, pretendendo il trasferimento dei residenti abusivi. Ma in un’intervista rilasciata pochi mesi fa, alla domanda se fosse già andato a vivere a Capodimonte così come aveva auspicato, il direttore francese rispose: «Non ancora. L’alloggio di servizio è ancora occupato. Si tratta di famiglie che dovranno andar via, ma voglio che trovino una situazione decente». Sistemazione che evidentemente non è ancora stata trovata, dal momento che oggi gli alloggi reali risultano ancora abitati.

Nell'aprile del 2016 anche l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi visitò la Reggia e si espresse duramente sulla svalutazione manageriale di un’opera di inestimabile valore, auspicando che potesse raggiungere la stessa notorietà del Louvre. Impresa a dir poco ardua, in presenza di fenomeni del genere. Dopo il caso di Caserta, ora spunta anche quello di Napoli. Sembra che in Campania la «nobile eredità» negli anni si sia tramutata in privilegi per ex dipendenti dei plessi museali.

Lavoratori che comunque sono soltanto l’ultimo anello di una vecchia storia all'italiana (che risale addirittura al 1956 fino ai giorni nostri), fatta di stratificazioni e di malagestione di beni pubblici invidiati in tutto il mondo.

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