Cronache

Addio Letizia, inviata di guerra con lo zaino pieno d’umanità

La voce triste di chi sta per intraprendere un viaggio senza ritorno. L’unico viaggio che Letizia Leviti, 45anni, giornalista di SkyTG24, non avrebbe mai voluto fare

Addio Letizia, inviata di guerra con lo zaino pieno d’umanità

La voce triste di chi sta per intraprendere un viaggio senza ritorno. L’unico viaggio che Letizia Leviti, 45anni, giornalista di SkyTG24, non avrebbe mai voluto fare. Lei che i viaggi li amava. Non si era mai tirata indietro. Lì dovela professione diinviatala chiamava, Letizia c’era. Aveva sfidatoi proiettili dei cecchini su vari scenari di guerra, portando in redazione pezzi esemplari. Pieni di notizie e umanità. Da sempre le sue armi vincenti. Ilmirino dei cecchini non le faceva paura. Letizia, col suomicrofono eil suo sorriso, aveva sempre vinto. A sconfiggerla poteva essere solol’implacabile cecchino della malattia. Una resa per modo di dire, considerato che - prima di lasciarci definitivamente - Letizia ha registrato nella sua casa di Bagnone (Massa Carrara) l’ultimo servizio. Un video che dovrebbe essere visto in tutte le scuole di giornalismo, tanto è l’amore che Letizia mostra verso il nostro lavoro. Un addio struggente. Mai retorico: «Nonho voglia di andare.Pensavo di farcela come tante altre volte. Accidenti. La vita non la decidiamo noi. Voglio salutarvi con questo messaggio, ringraziarvi e lasciarvi anche un po’ di me». E di te, Letizia, ci hai lasciato tanto. Lei sillaba con la pacatezza di chi sa di rivolgersi agli amici per l’ultima volta. Sullo schermo scorrono le immagini di un’esistenza felice: Letizia con i figli, il marito la madre; Letizia col giubbotto antiproiettile e il caschetto; Letizia premiata per il suo valore di donna-reporter. Letizia (un nome perfetto per lei) sa di essere stata un tutt’uno con la professione più bella delmondo. Leilo ricorda,mettendoci anche in guardia: «Il nostro lavoro è verità. Dobbiamo essere onestiintellettualmente con il nostro pubblico. Lui da noi vuole la verità. Noi dobbiamo dargliela». Il lavoro, certo. Ma guai a trascurarelafamiglia: «Illavoro non deve dominarci. Neppure la malattia deve dominarci. Dobbiamo sempre rimanereliberi. Liberi diamare». Quelmaledetto cecchino che la puntava da anni non ha avutola soddisfazione di vederla piangere. Lei lo ha sfidato, fino alla fine. Sconfiggendolo. «Quando succede una cosa come è successa a me, è bello sentirsi pieni e sereni, in pace col mondo. Aver fatto ciò che si voleva fare con sincerità, anche pagando un prezzo. Che però non è mai troppo alto. Non sono arrabbiata. Ognuno di noi ha un destino. Il mio cerchio doveva chiudersi così». L’ultimo pensiero è per i colleghi («Emilio, Ivano, Giovanna, Sara e tutti gli altri») e per l’azienda («Una grande azienda che, in punta di piedi, mi ha mostrato sempre vicinanza e affetto»). «Un abbraccio grande».

Almeno quanto te, Letizia.

Commenti