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Asse più saldo tra azzurri e meloniani

Le sensazioni della vigilia, in verità, erano più che positive

Asse più saldo tra azzurri e meloniani

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Le sensazioni della vigilia, in verità, erano più che positive. Anche se lo scivolone in Sardegna e il clima da remuntada che si è respirato nell'ultima settimana hanno spinto la maggioranza a muoversi con una certa prudenza. Fino a domenica notte, quando è stato chiaro che l'Abruzzo sarebbe rimasto nelle mani del centrodestra. Saldamente, visto che il governatore uscente Marco Marsilio vince con sette punti di scarto, spinto da un voto di lista che premia soprattutto Fratelli d'Italia (che sommando il suo 24,1% al 7,7 della lista del presidente fa meglio delle Politiche 2022) e Forza Italia (al 13,4%, in crescita di oltre due punti). Perde colpi solo la Lega, che si ferma al 7,6% (quasi un punto in meno del 2022, ma lasciandone per strada ben 20 rispetto alle scorse Regionali). Un calo atteso e che, anzi, i sondaggi avevano previsto più corposo. E che probabilmente Matteo Salvini è riuscito ad arginare solo grazie a un tour elettorale sul territorio nel quale ha fatto un filotto di ben dodici tappe.

È un voto, insomma, che archivia il temuto vento della Sardegna e che rilancia il centrodestra in vista dei prossimi tre mesi di campagna elettorale, permanente come è di regola in Italia. Prima toccherà alla Basilicata (il 21 e 22 aprile), poi (l'8 e 9 giugno) al Piemonte e soprattutto, si voterà per le Europee, il vero traguardo di questa lunga corsa. Ma è anche una tornata elettorale che salda ancora di più l'asse tra Fratelli d'Italia e Forza Italia («certo che la maggioranza è compatta, ormai siamo rimasti solo noi», ironizzava ieri in Transatlantico un senatore veneto), già forte del buon rapporto tra Giorgia Meloni e Antonio Tajani. Con il rischio, però, di acuire le difficoltà di Salvini, alimentando distinguo e frizioni. È evidente, infatti, che la corsa di Forza Italia sulla Lega non può non preoccupare il leader del Carroccio. In Sardegna gli azzurri hanno quasi doppiato l'alleato (6,3% contro 3,7), mentre in Abruzzo ci sono andati vicini (13,4 a 7,6), dando credito all'ipotesi che alle Europee - dove si gioca con il proporzionale e quindi tutti contro tutti - davvero Forza Italia possa riuscire in un sorpasso che solo pochi mesi fa sarebbe stato impensabile. Significherebbe un deciso cambio negli equilibri della maggioranza, con Salvini retrocesso a socio di minoranza della coalizione. Un genere di scossone che solitamente non stabilizza il governo.

Ne è ben consapevole Meloni, che non a caso ieri ha pranzato a Palazzo Chigi con Salvini, Tajani e Maurizio Lupi (leader di Noi Moderati) per rimandare plasticamente all'esterno un'immagine di unità. Ed è esattamente per la stessa ragione che nel suo messaggio di congratulazioni a Marsilio, la premier sottolinea il suo «ringraziamento a tutto il centrodestra» che «è stato premiato per il buon governo di questi anni». L'obiettivo, insomma, è non alimentare divisioni e mostrare compattezza. Soprattutto in una giornata - è il ragionamento di Meloni, condiviso dai suoi interlocutori durante il pranzo a Palazzo Chigi - in cui il centrosinistra ha dovuto bruscamente mettere da parte i suoi sogni di crisi, amplificati in queste settimane dalla grancassa di alcuni media. Insomma, «l'opposizione ha fatto brutta figura due volte».

Certo, resta sullo sfondo la questione Lega. E il timore che la tensione possa salire, soprattutto se il risultato delle Europee segnerà un cambio di equilibri. Eventualità che non sottovaluta Tajani che, ovviamente, non nasconde la soddisfazione per «un grande successo», ma assicurando che «non cambia nulla» se Forza Italia è secondo o terzo partito della coalizione. Ed è in quest'ottica che il leader azzurro non si sbilancia sull'ipotesi di una sua candidatura in prima persona alle Europee (ieri rilanciata dal suo fedelissimo Paolo Barelli, capogruppo di Forza Italia alla Camera).

«Ne parlerò con Giorgia, ma una scelta simile deve essere finalizzata a rafforzare la coalizione», dice Tajani. Che sa quanto la premier sia tentata da una corsa da capolista che invece Salvini ha già pubblicamente escluso. Così fosse, è del tutto evidente che si rafforzerebbe ancora di più l'asse tra Fdi e Fi, con una decisa accelerazione in avanti rispetto alla Lega. Ed è forse per questa ragione che proprio ieri un big di Fratelli d'Italia che in questi mesi ha sempre sostenuto con forza l'opportunità di una candidatura di Meloni, ha iniziato a tirare il freno. Spingere il Carroccio troppo all'angolo rischia infatti di alimentare tensioni che potrebbero esplodere subito dopo le Europee.

Alla vigilia del G7 italiano e con la partita della presidenza della Commissione Ue che - dopo il congresso del Ppe di Bucarest che ha fatto scricchiolare la candidatura di Ursula von der Leyen - è tutta in salita.

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