Cronache

La promessa dell'atletica? Immigrato in Italia con un barcone

Classe '98, proviene dal Gambia. Nfamara Njie è ormai più che una promessa

La promessa dell'atletica? Immigrato in Italia con un barcone

Arrivato tre anni fa su un barcone, ha corso come tanti il rischio di perdere la vita il giovane 18enne Nfamara Njie. Ma la corsa, per destino e vocazione, lo chiamava sulla terraferma, sulle coste di quella Sicilia raggiunta tra mille pericoli e poi a San Cesario, in Puglia, in provincia di Lecce, dove fu trasferito, nel racconto riportato dal Quotidiano di Puglia.

Già campione italiano nei 10mila metri su strada, Nfamara Njie, originario del Gambia, quest'anno ha vinto la maratona di Brindisi (la stracittadina organizzata dall'Amatori Atletica del capoluogo pugliese) battendo 801 atleti partecipanti. Le doti principali del ragazzo d'Africa, che ricorda per certi versi addirittura "Un ragazzo di Calabria", lo straordinario film di Luigi Comencini, sono quelle delle grandi "antilopi" africane: la resistenza, oltre alla velocità.

“Sabato correrà a Foligno, in provincia di Perugia, per conquistare un altro titolo”, ha dichiarato al giornale salentino, il suo allenatore, Gianmarco Buttazzo. Secondo le dichiarazioni del presidente dell'associazione sportiva “Tre Casali”, Gigi Renis, con cui Njie lo scorso anno ha vinto la prima gara in Sicilia, appena arrivato in Italia alla domanda “cosa sai fare” lui rispondeva solo “correre, correre”.

Classe 1998, il nome di Nfamara Njie è già sul sito della Fidal, la Federazione di Atletica Leggera. Nella categoria mezzofondista i suoi punteggi promettono bene nelle gare a cui ha partecipato in tutta Italia. 10Mila metri, corsi in 30:03.77 a Castelporziano; 5mila metri, corsi in 14:25.1 a Cosenza; 3mila metri, corsi in 8:32.8 a Lecce e, per finire, i 1500 metri col tempo di 3:57.38 a Milano.

Insomma una promessa per l'atletica leggera. Con con la maglia italiana. Magari guardando alle prossime olimpiadi di Tokyo 2020.
La sua corsa intanto continua verso un traguardo più grande, quello di una vita dignitosa.

A dargli le ali il sapore della libertà e quel senso di rivincita sano, competitivo ma mai sleale, cattivo che solo lo sport sano può insegnare.

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