Cronache

Berlusconi al centro della trattativa a oltranza

Per cogliere la complessità dello scenario con il quale dovrà confrontarsi Sergio Mattarella di qui alle prossime settimane, è sufficiente dire che negli ultimi giorni al ministero dell'Interno è stata allertata la Direzione centrale dei servizi elettorali. E non per le regionali di Molise e Friuli-Venezia Giulia che si terranno alle fine di aprile, ma perché la prospettiva che le consultazioni che si apriranno martedì prossimo possano concludersi con un nulla di fatto è concreta.

La partita, infatti, è ancora fortemente condizionata da alcune certezze e qualche veto. Tra le prime c'è la premiership di Luigi Di Maio che secondo i grillini non è oggetto di trattativa. «O fa il presidente del Consiglio oppure non ci sarà alcun governo», spiega tranchant Alfonso Bonafede, indicato dal M5s come prossimo ministro della Giustizia. D'altra parte, nell'entourage di Di Maio sono tutti concordi nel dire che sul punto «Luigi non molla». Dal fronte opposto, però, Matteo Salvini fa sapere di non apprezzare granché (...)

(...) l'aut aut. «Se dice o io o niente sbaglia», spiega il leader della Lega. Che vuole «ripartire dal centrodestra unito». E la replica di Di Maio arriva a stretto giro: «Conta la volontà del popolo, il 32% ha votato il sottoscritto». Insomma, un muro contro muro. Almeno per ora, visto che la trattativa è lunga e lo scenario mutevole. Se, come molti pronosticano, il capo dello Stato sarà costretto a un doppio giro di consultazioni è infatti presumibile che Di Maio venga a un certo punto messo di fronte a una scelta perché, come spiega il leghista Giancarlo Giorgetti, «in politica le posizioni irrinunciabili sono solo slogan» mentre «per arrivare alle soluzioni bisogna sapere mediare». E va proprio in questa direzione il leader della Lega quando dice di essere pronto a fare un passo indietro per quanto riguarda la premiership.

Sulla trattativa tra Di Maio e Salvini non pesa solo il macigno della poltrona di Palazzo Chigi. L'altra pregiudiziale a un confronto, infatti, è la conventio ad excludendum del M5s nei confronti di Silvio Berlusconi. Nella testa di Di Maio, ma pure nei desiderata di tutto il suo gruppo dirigente, infatti, c'è la convinta volontà di dare vita a un governo che non abbia niente a che fare con Forza Italia. Nel senso che se gli azzurri vogliono sostenere l'esecutivo che verrà lo faranno per loro scelta autonoma e senza ottenere poltrone. Una pretesa piuttosto azzardata, che va a braccetto con il fatto che Di Maio non vuole concedere a Berlusconi alcun riconoscimento politico o legittimazione che sia. A parte il netto stop arrivato ieri da Salvini («senza Forza Italia non si fa niente»), il punto, nei prossimi giorni, rischia di essere però un altro. Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia, infatti, la prossima settimana si presenteranno al Quirinale con delegazioni separate. E di quella azzurra non faranno parte solo i neocapigruppo Maria Stella Gelmini e Anna Maria Bernini, ma anche lo stesso Berlusconi. Questo, almeno, assicurano da Arcore. Il che vuole dire che Di Maio - soprattutto se davvero ambisce ad avere l'incarico per formare un governo - farà molta fatica a sottrarsi a un confronto con chi ha guidato la delegazione di Forza Italia durante le consultazioni sul Colle. E per il leader grillino sarebbe anche difficile argomentare che Berlusconi non ricopre incarichi ufficiali, visto che nel 2014 fu Beppe Grillo - anche lui non parlamentare - a condurre proprio al fianco di Di Maio le celebri miniconsultazioni in streaming con Matteo Renzi. Il fatto che il centrodestra non si presenti da Mattarella con una sola delegazione, insomma, fa cadere il pretesto grazie al quale il M5s avrebbe potuto chiedere di trattare solo con Salvini a nome di tutta la coalizione.

Chissà, forse è per tutte queste ragioni che il tam tam che rimbalza dall'entourage grillino racconta di un Di Maio che non vorrebbe avere un mandato esplorativo al primo giro di consultazioni, ma al secondo. Al momento, infatti, la soluzione del rebus appare ancora in alto mare e chi dovrà fare il primo tentativo rischia di bruciarsi. Il quadro potrebbe essere meno complesso più avanti, quando il passare del tempo e la moral suasion del Quirinale avranno iniziato a smussare gli angoli.

Adalberto Signore

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