Cronache

Bologna, terremoto in FdI: cosa c'è dietro l'addio "in massa"

Nel Bolognese si dimettono dirigenti e consiglieri comunali. Lo scontro su liste e nuovi ingressi. FdI: "Scelta senza giustificazione politica"

Bologna, terremoto in FdI: cosa c'è dietro l'addio "in massa"

Con le elezioni dietro l’angolo, un fulmine si abbatte su Fratelli d’Italia. Nel giorno in cui Giorgia Meloni va in Emilia Romagna per sostenere la campagna elettorale, a Bologna un pezzo del partito sbatte la porta e se ne va. "Non sussistono più le condizioni umane e politiche per continuare", dice Fabrizio Nofori, responsabile provinciale di FdI, membro della direzione nazionale e vertice della fronda che conta una ventina di dirigenti locali.

I guai nascono alcuni mesi fa per colpa, dicono i dissidenti, di un processo che avrebbe "snaturato" il movimento. "Doveva essere meritocratico e invece si è dimostrato come i vecchi partiti", sbotta Nofori. Nel comunicato diffuso alla stampa i ribelli restano sul vago, parlando di disaccordo sulle "ultime scelte fatte in vista delle prossime elezioni regionali". Ma la vera pietra dello scandalo, come ilGiornale.it è in grado di ricostruire, è il passaggio in FdI degli ex Forza Italia Galeazzo Bignami e Marco Lisei, i due esponenti finiti sulle cronache nazionali per la video-denuncia sotto le case popolari assegnate agli stranieri. Poco tempo dopo l'approdo, infatti, il primo è stato nominato commissario regionale; l'altro ha trovato posto nelle liste per le Regionali. Decisioni che i critici non hanno visto di buon grado.

Il passaggio in realtà era nell’aria da tempo e per FdI è stata manna dal cielo. La svolta ha portato nella pancia del partito un pacchetto non indifferente di amministratori, dirigenti e elettori. "La nostra famiglia di patrioti continua a crescere", disse al tempo la Meloni mostrando comprensibile entusiasmo. Inoltre, l’amicizia che lega la leader e Bignami (campione di preferenze in Emilia) non è certo un mistero. Se quindi l’approdo era considerato da tutti "fisiologico", gli scissionisti lamentano l'assenza di "paletti". "Gli ultimi arrivati sono passati davanti, mentre chi ha contribuito a fondare il partito in provincia si è visto messo da parte", è la tesi di Nofori. A parole il dissidente giura di non farne una questione personale, ma "non è normale che a coordinare il partito sia chi è entrato solo due mesi fa". In realtà, come spesso accade in politica, i dissapori più grandi riguardano la formazione delle liste (anche se Nofori il posto lo avrebbe comunque ottenuto). Il mantra è: "La scelta di candidare Lisei ha destabilizzato tutto". Una lotta interna, già alimentata dal ritiro della candidatura del consigliere Michele Facci in polemica per il mancato rispetto di "Statuto e regole" nella corsa elettorale.

L’addio investe un pezzo di FdI nel Bolognese. Se ne vanno due membri dell'assemblea nazionale (Nofori fa anche il nome di Michela Rambaldi), i "presidenti di 14 circoli con relativi iscritti", "dodici consiglieri comunali", il responsabile provinciale dell'organizzazione, il segretario amministrativo provinciale e alcuni esponenti locali del movimento giovanile. La notizia desta "stupore" nel movimento. Intanto perché, come ribadiscono fonti interne a FdI, non esisterebbero circoli costituiti a Bologna e i consiglieri sarebbero solo 8 "di cui 6 non sapevano nulla" (al telefono Nofori ammette che alcuni sono stati eletti in liste civiche). "Siamo di fronte ad una scelta che non trova giustificazione alcuna sotto il profilo politico", tuonano i deputati Alberto Balboni e Tommaso Foti, fondatori di FdI in Emilia Romagna. "Non resta che prendere atto di scelte di carattere personalistico che nulla hanno a che fare con le ragioni di una battaglia ideale per la quale ci siamo spesi in questi anni".

Difficile dire se la rottura avrà effetti sulle elezioni regionali. Gli scissionisti si dicono pronti a sostenere la Borgonzoni. E poi? "Quel che sarà sarà". Ma intanto c’è già chi ipotizza un salto nella Lega.

Il corteggiamento non manca.

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