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Mattarella teme crisi senza urne e la fuga gialloverde dalla manovra

Il presidente del Consiglio minaccia i suoi vice: pronto a mollare

Mattarella teme crisi senza urne e la fuga gialloverde dalla manovra

L'accusa, neanche troppo velata, è che Sergio Mattarella si stia muovendo seguendo il solco di Giorgio Napolitano. E che sarebbe pronto, anzi addirittura auspicherebbe, un governo tecnico in stile Monti per riallacciare i rapporti con Bruxelles ed evitare la tanto temuta procedura d'infrazione. Uno scenario accreditato in questi giorni dai massimi vertici della Lega, con tanta convinzione che perfino uno accorto come Giancarlo Giorgetti qualche giorno fa si sarebbe detto convinto che in caso di crisi il Quirinale farebbe di tutto per evitare un ritorno alle urne. Questo, almeno, racconta più di un leghista. «Anche Giancarlo dice che Mattarella non ci manderà mai a votare», giura un senatore lombardo che la Lega la frequenta dai tempi di Umberto Bossi. Che poi davvero Giorgetti ci creda o che invece utilizzi l'argomento Colle per «giustificare» le titubanze di Matteo Salvini davanti a chi nel Carroccio gli chiede di rompere, è una questione tutta da vedere.

La prospettiva accreditata in via Bellerio, infatti, non pare proprio tra le più probabili. Per diverse ragioni. Intanto perché per dare vita a un esecutivo tecnico - come accadde nel novembre 2011 con Mario Monti - non basta né il pressing del Quirinale (per quanto insistente fu nell'occasione quello di Napolitano) né un'estate con lo spread sull'ottovolante (come accadde con il governo Berlusconi). Servono, infatti, i numeri in Parlamento, che comunque deve votare la fiducia al nuovo governo. E a meno di non immaginare che il Pd sia pronto a suicidarsi imbarcandosi in una simile avventura, è davvero improbabile che oggi questi numeri ci possano essere. Peraltro, sono settimane che chi frequenta i corridoi del Quirinale ha esattamente l'impressione opposta a quella accreditata dalla Lega. La preoccupazione di Mattarella, infatti, sarebbe solo una: restare in mezzo al guado quando si è già chiusa la finestra per tornare alle urne, ma con la legge di Bilancio ancora da scrivere. A quel punto, infatti, sia Salvini che Luigi Di Maio non farebbero che lavarsi le mani della manovra che finirebbe, politicamente parlando, tutta in carico proprio al Colle. Non è un caso, dunque, che il Quirinale non abbia alcuna preclusione su un ritorno alle urne. Tanto che in queste settimane è filtrato in diverse occasioni una sorta di pressing nei confronti di Salvini perché facesse chiarezza sulle prospettive future. Un invito caduto nel vuoto, tanto che il leader della Lega è l'unico che non ha chiesto un incontro con Mattarella per fare il punto della situazione dopo le Europee (a differenza del premier Giuseppe Conte e del leader M5s Di Maio).

I timori del Colle sono ben chiari al presidente del Consiglio. Che, forse scommettendo su una crisi di governo imminente, dopo mesi di freddo ha riaperto un canale con il capo dello Stato. Non a caso, ieri sera Conte ha approcciato il primo vertice post Europee con i suoi due vicepremier proprio seguendo la via tracciata dal Quirinale. «Se da voi non ho il mandato pieno a trattare con Bruxelles per evitare la procedura di infrazione - è il senso del messaggio del premier a Salvini e Di Maio - allora sappiate che io mollo subito. A quel punto, ve la vedete voi. Ma assumendovi la responsabilità di quello che succede...

».

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