Governo

Contraddizioni liberali

In queste ore, con una buona dose di pragmatismo, il governo sta definendo gli ultimi elementi della legge di bilancio tenendo conto dei desiderata di Bruxelles

Contraddizioni liberali

In queste ore, con una buona dose di pragmatismo, il governo sta definendo gli ultimi elementi della legge di bilancio tenendo conto dei desiderata di Bruxelles. Da una parte l'esecutivo cede sull'uso del Pos, sulla rottamazione delle cartelle esattoriali; dall'altra porta a casa l'accordo politico in Europa sul tetto del gas che, anche se il prezzo concordato è alto (180 euro a megawattora), dovrebbe evitare in futuro scenari apocalittici. Insomma, una strategia caratterizzata dal realismo, visto che la congiuntura economica estremamente difficile e il debito che pesa sulle spalle del nostro Paese non lasciano grandi spazi di manovra.

Fin qui tutto bene. Resta il problema che da Bruxelles hanno staccato dalla manovra buona parte dei petali che la caratterizzavano politicamente sul versante del centrodestra. È rimasto l'innalzamento del tetto dell'uso del contante a 5mila euro (l'indicazione europea prevede un massimo di diecimila euro). L'aumento delle pensioni minime a 600 euro voluto da Forza Italia, che non poteva non esserci per non rischiare il paradosso o, meglio, l'assurdo che un beneficiario del reddito di cittadinanza «occupabile» prendesse più di un pensionato che, non fosse altro per motivi anagrafici, non ha la possibilità di lavorare. Ed ancora la «decontribuzione» dei giovani assunti fino a 35 anni per aumentare l'occupazione.

Sul «no» della Ue al limite del Pos francamente non mi straccerei le vesti: il progresso va guidato, gestito, non si può bloccare. Mentre resto perplesso, questo sì, per il rinvio della tregua fiscale: non ci sarà la cancellazione delle cartelle sotto i mille euro. Ora si può dire ciò che si vuole, ma se è vero che il momento è difficile dopo due anni di pandemia e una guerra di cui subiamo le conseguenze economiche; se è vero che si deve fare fronte al caro bollette e, più in generale, vista l'inflazione, al «carovita», un segnale sul fisco andava dato. Non si può dare un aumento di 30-40 euro con una mano e, nel contempo, con l'altra togliere 300-400 euro per una multa da divieto di sosta di dieci anni fa ad un cittadino che magari ha utilizzato l'auto per andare al lavoro (le persone abbienti hanno l'autista o usano il taxi). Tanto più che, vista la situazione (un cittadino su 4 ha un contenzioso con l'Agenzia delle entrate, il che significa una famiglia su due), tra una bolletta «salata» e una cartella esattoriale un capofamiglia pagherà la prima e non la seconda, che servirà solo a rendere più tesa un'opinione pubblica già stressata. O, se dovesse fare fronte ad entrambe, verrà spinto a stringere la cinghia e, quindi, a ridurre i consumi.

Siamo all'abc. La pace sulle cartelle poteva essere la premessa di quella riforma del fisco che da 40 anni è l'elemento fondante del centrodestra, una riforma che dovrebbe puntare ad abbassare le tasse e farle pagare a tutti, magari aumentando le pene. Questa sarebbe stata la filosofia liberale da interpretare.

Invece, in questo Paese, molti sono liberali per approssimazione.

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