Cronache

Così funzionava la fabbrica (illegale) della cittadinanza italiana

La cittadinanza italianza riconosciuta dietro carte false a circa 300 brasiliani in due anni. Cinque gli indagati nell'inchiesta "Carioca".

Così funzionava la fabbrica (illegale) della cittadinanza italiana

Cittadini italiani, ma senza averne i requisiti di legge. Circa trecento brasiliani risultavano abitanti a Brusciano, ma nel Comune situato in provincia di Napoli non ci erano mai stati, se non per un paio di giorni. I proprietari degli immobili in cui avevano la residenza non li conoscevano e non li avevano mai ospitati.

L’inserimento nei registri anagrafici della popolazione residente aveva consentito a quegli stranieri di ottenere, dietro compenso in denaro, l’iscrizione nel registro informatico di cittadinanza italiana sulla base di pratiche irregolari. Tra i soggetti extracomunitari che, in questo modo, tra il 2014 e il 2016 hanno ottenuto la cittadinanza italiana, anche diversi giocatori di calcio, alcuni dei quali militanti nelle massime divisioni professionistiche dei campionati francese e brasiliano, nonché altri atleti di calcio a 5. “Tale procedura ha consentito di aggirare i vincoli relativi al numero massimo di giocatori non comunitari (cd. “tetto extracomunitari”) previsti le singole società sportive dalla vigente normativa”, ha sottolineato il procuratore della Repubblica facente funzione presso il tribunale di Nola, Stefania Castaldi. Sull’illecito sistema hanno indagato per almeno un anno i carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna che, coordinati dalla procura nolana, hanno lavorato per mettere a nudo il giro di pratiche false e i soggetti coinvolti.

L’attività investigativa ha permesso di accertare che i brasiliani richiedenti la cittadinanza si rivolgevano a un’agenzia di disbrigo pratiche amministrative con sede a Terni. Il titolare, Luis Sonda Vanderlei, di origini brasiliane, in passatore giocatore di calcio a 5, risulta indagato nell’ambito dell’inchiesta “Carioca” che ha scoperchiato la macchina illegale ben organizzata che, attribuendo agli stranieri una residenza fittizia, certificava la cittadinanza italiana iure sanguinis (foto).

Un prima ordinanza di custodia cautelare era stata emessa il 3 aprile scorso, nei confronti dell’ufficiale di stato civile del Comune di Brusciano, il 58enne Michele Di Maio, e del 44enne Sonda Vanderlei, ritenuti responsabili, a vario titolo, di corruzione, falsità ideologica e materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Finirono agli arresti domiciliari. La misura è stata poi attenuata dal Riesame con quella dell’obbligo di dimora.

Giovedì scorso i carabinieri hanno dato esecuzione a una seconda ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Daniela Critelli nei confronti di quattro dei cinque indagati. Accusati di associazione a delinquere finalizzata alla falsità ideologica e materiale commessa da pubblici ufficiali in atti pubblici, sono stati colpiti da divieto di dimora negli uffici dell’amministrazione comunale di Brusciano: Michele Di Maio; Luigi Belfiore, 61 anni, impiegato all’ufficio Anagrafe e l’ex assessore, già vicesindaco nello stesso comune, Nicola Marotta, 57 anni. È stato invece applicato il divieto di dimora nel territorio di Brusciano al dirigente di una squadra di calcio a 5, il commercialista Nicola Cuccaro, 39enne di Marcianise (Caserta)

I clienti dell’agenzia di Sonda, secondo quanto accertato dagli inquirenti, giungevano in Italia per il tempo strettamente necessario al disbrigo di formalità burocratiche che richiedevano la loro personale presenza presso gli uffici pubblici (del Comune e dell’Agenzia delle entrate) - generalmente un paio di giorni - per poi tornare nel Paese di provenienza in attesa di ottenere il certificato di cittadinanza rilasciato dal Comune. In seguito ritiravano il passaporto o delegando Sonda presso la Questura interessata, o personalmente presso il consolato italiano nella cui circoscrizione provvedevano a trasferire la residenza.

L’indagine è partita a luglio del 2016, proprio da una segnalazione di una Questura, quella di Terni, che analizzando le richieste di rilascio di passaporti presentate da presunti cittadini italiani di origine brasiliana, aveva notato evidenti irregolarità nelle pratiche di riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis perfezionata presso l’ufficio Anagrafe e dello Stato Civile del Comune di Brusciano. Incrociando i dati derivanti dai tabulati telefonici, quelli rinvenuti nel corso delle perquisizioni, le intercettazioni telefoniche e ambientali, e grazie a diverse testimonianze, la procura e i carabinieri hanno dimostrato l’esistenza di “un’associazione stabile, finalizzata a far ottenere a cittadini brasiliani la cittadinanza italiana iure sanguinis, in difetto dei presupposti di legge e quindi volta alla commissione di un numero indeterminato di delitti di falso in atto pubblico”.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Sonda riceveva dai brasiliani la documentazione anagrafica, ricostruiva le ascendenze italiane, acquisiva i passaporti, e fino a una certa data accompagnava gli stranieri al Comune di Brusciano, dove si rivolgeva a colui che allora era il responsabile dell’Anagrafe, Di Maio, che dopo il sequestro delle pratiche di riconoscimento della cittadinanza eseguito 4 luglio dell’anno scorso dalla Digos, prima è stato sospeso dal lavoro, poi trasferito in altro ufficio. Stando a quanto è emerso dall’attività investigativa dei militari dell’Arma, i brasiliani arrivavano al Comune molto spesso accompagnati da Cuccaro che, secondo l’accusa, faceva da intermediario tra Sonda e i suoi contatti interni al Comune di Brusciano: Marotta, che per inquirenti garantiva il buon esito delle operazioni, il responsabile dell’ufficio Anagrafe, Di Maio, che certificava la cittadinanza sulla base di pratiche irregolari, e Belfiore, che istruiva i procedimenti volti al riconoscimento della cittadinanza italiana. Nei faldoni analizzati dai carabinieri sono state trovate cartelle in cui i moduli per l’accertamento anagrafico di residenza erano in bianco, in alcune mancavano le marche da bollo, o erano contraffatte come quelle rinvenute nella disponibilità di Di Maio nel corso di una perquisizione personale.

Gli investigatori hanno accertato che, una volta che erano pronti i documenti, i cittadini brasiliani arrivavano al municipio di Brusciano per ottenere la carta d’identità e il riconoscimento della cittadinanza italiana. Entravano di frequente dall’ingresso secondario (quello sul retro), e quando il Comune risultava chiuso al pubblico. Dalle verifiche effettuate si è scoperto poi che i due dipendenti pubblici, Di Maio e Belfiore, in quelle occasioni si trovavano sul luogo di lavoro spesso senza esserne autorizzati, quindi vi accedevano abusivamente, con le chiavi che il responsabile dell’ufficio aveva a disposizione, inoltre per svolgere attività per cui non hanno ottenuto alcun compenso dallo Stato. In stanza con loro c’era anche Marotta, all’epoca assessore comunale, carica da cui si è dimesso ad aprile scorso quando ha appreso di un suo presunto coinvolgimento nell’inchiesta. Gli inquirenti si sono interrogati anche su un’altra questione, quella elettorale: 300 residenti in più significa 300 elettori in più. E l’obiettivo “camera” emerso da alcuni messaggi captati tra Marotta e il sindaco di Brusciano, Giuseppe Romano (estraneo ai fatti giudiziari di cui stiamo parlando), ha spinto gli inquirenti a condurre accertamenti anche in tal senso: la certezza è che tutte le schede elettorali dei brasiliani naturalizzati italiani non sono mai state ritirate dall’ufficio elettorale.

I cinque indagati dovranno ora difendersi da queste pesanti accuse, e la loro eventuale colpevolezza potrà essere dimostrata solo in un processo e definita con una sentenza definitiva passata in giudicato.

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