
N essuno aveva mai visto una cosa del genere. La primavera del 1212 era calda come non mai e l'estate sarebbe stata ancora più torrida. Qualcuno pensava fosse un segno di Dio, altri forse più autorevoli, ma di sicuro ricchi e potenti, indicavano il demonio, i peccatori temevano l'Apocalisse. Tra le tante stramberie di quell'anno strano c'è un pastore dodicenne che si presenta davanti a Saint Denis, lì dove Filippo II di Francia, detto il Guercio, tiene la sua corte. Dice di chiamarsi Stefano e di arrivare da un villaggio dell'Orléans chiamato Cloyes-sur-le-Loir. È in missione per conto di Dio. Mostra al re una lettera autografa che gli ha consegnato a mano Gesù Cristo mentre lui pascolava le pecore. C'è scritto che bisogna subito partire verso Gerusalemme per una nuova crociata per liberare il Santo Sepolcro dagli infedeli. Filippo era reduce da una crociata poco felice in società con Riccardo Cuor di Leone. Non aveva soldi e neppure molta pazienza. Il ragazzino però non è solo. Nel suo viaggio ha radunato una moltitudine di fanciulli e fanciulle che hanno attraversato cantando e pregando le campagne francesi. Indossano tuniche segnate da una croce rossa. Il re non se la sente di ignorare del tutto il Vangelo: «Lasciate che i piccoli vengano a me». Così fa esaminare la lettera ai teologi. Il responso è ambiguo: i bambini sono in buona fede, ma la lettera è falsa. Filippo non si impegna nella crociata, ma perdona i camminanti. Stefano sembra ispirato dallo Spirito Santo. È un oratore di talento. Ripete un passo di Matteo evangelista: «Una fede grande quanto un grano di senape può muovere una montagna». Il movimento supera i confini francesi e dalla Germania si associa alla crociata un altro adolescente. Si chiama Nicola e attraversa le Alpi e fa tappa anche a Cremona e Milano. Il seguito cresce. Stefano porta i suoi seguaci verso il porto di Marsiglia. Il miracolo arriva grazie a due mercanti dal nome perlomeno sospetto, che mettono a disposizione sette navi. Si fanno chiamare Ugo il Ferro e Guglielmo il Porco. Due navi naufragano sull'isola di San Pietro in Sardegna. A bordo c'è pure Stefano. È tra i pochi che si salva. Le altre cinque imbarcazioni vengono circondate dai saraceni, in combutta con il Ferro e il Porco, i piccoli crociati finiscono schiavi ad Algeri, Alessandria, Bagdad.
I tedeschi si sono radunati a Genova. Niente navi per loro, perché Nicola è convinto di essere il nuovo Mosè: «Attraverseremo il mare a piedi asciutti». I giorni passano e diventano mesi e le acque non si dividono. Stufi di aspettare il segno di Dio se ne andarono a casa delusi e amareggiati. I più tenaci partirono a piedi per morire lungo la strada di fame e di stenti.
Di Nicola non si seppe più nulla. Per qualcuno rientrò a Colonia, per altri vagò dimenticato in Italia. Questa stramba vicenda è passata alla storia come «la crociata dei bambini». Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale.Vittorio Macioce