Cronache

Quella moschea abusiva nascosta in un'officina

Ufficialmente è un’associazione culturale islamica, in realtà si tratta di un luogo di culto. I locali in cui i musulmani si riuniscono per pregare sono accatastati come negozio

Quella moschea abusiva nascosta in un'officina

La “moschea paesana”. Molti musulmani della zona così la chiamano, per distinguerla da quella più grande di Napoli. Apre le porte dal momento in cui il sole inizia a diventare rosso, qualche volta anche quando è già buio. Ad eccezione del venerdì, giorno in cui i fedeli provano a riunirsi per la preghiera anche alle 13. Poi è sempre chiusa. Anonima.

All’esterno non c’è un’insegna, una targhetta che consenta di identificarla (guarda le foto). Non hanno difficoltà a trovarla i seguaci dell’Islam. Arrivano dai vicini comuni del Nolano, del Vesuviano. Ma anche dalla provincia di Caserta. Nei giorni scorsi una donna era partita da Maddaloni con il marito e la bimba piccola, 18 chilometri percorsi in auto appositamente per visitarla. I devoti, insomma, sanno che a Marigliano, in provincia di Napoli, in via Pasquale Nicotera numero 3 - centro storico della città - c’è una “moschea”. Ufficialmente è la sede del centro culturale islamico Ar-Rayyan, in realtà è un luogo di culto abusivo.

Nel centro culturale il luogo di culto

L’associazione nasce con degli scopi ben precisi. Sono quelli indicati nello Statuto, che possono essere così riassunti: aiuto alle fasce deboli ed emarginate e promozione di iniziative dirette a tutelare gli interessi degli associati e a difenderli da ogni forma di razzismo e di intolleranza.

La preghiera invece è l'attività prevalente. “Passo e li vedo pregare. Sono una decina, venti persone”, racconta Sebastiano, che attraversa spesso via Nicotera (guarda il video). “Aprono tutti i giorni, maggiormente la sera. – dice un residente - È una specie di chiesa loro. Si riuniscono e pregano, fanno solo questo. Sono venti, trenta. Una quindicina ci stanno sempre”. La grossa porta grigia del basso in cui ha sede il centro culturale viene aperta tutte le sere, normalmente non prima del tramonto. All’esterno inizia a sentirsi il profumo dell’incenso. Le scarpe man mano finiscono per occupare tutti gli scaffali della scarpiera posta all’ingresso. “Vietato dormire nella moschea” si legge su uno dei fogli attaccati su una sorta di parete in legno che divide l’entrata dalla sala preghiera. Il resto è tutto scritto in arabo.

Dopo poco iniziano a sentirsi i cori dell’orazione. «Noi apriamo solo nell’ora della preghiera. E la domenica un paio d’ore anche nel pomeriggio, per insegnare l’arabo ai bambini», hanno riferito alcuni soci del centro. Uno di loro ha affermato che hanno un imam e che a riunirsi sono “in 50-60. Vengono da Marigliano, Brusciano, Nola, Acerra, Cancello, Mariglianella, Pomigliano, pure Somma Vesuviana. Sono marocchini, egiziani, algerini, pachistani". "Quando facciamo la preghiera tutti insieme vale di più – ha spiegato - La preghiera a casa vale un punto, se preghiamo insieme, uniti, facciamo 27 gradi. Questo lo ha detto il Profeta”. “Il locale dove ha sede l’associazione lo abbiamo affittato”, ha poi chiarito. Al livello terraneo si è provato a ricreare l’ambiente di una moschea, con tappeti e lavori di tramezzatura. Poi c’è un piano superiore, occupato da scrivanie, sedie e una lavagna: uno spazio usato per corsi di lingua araba.

Accatastati come negozio i locali in cui ha sede l’associazione

Nessun rispetto, tuttavia, delle norme sulla destinazione d’uso degli immobili. Il fabbricato in cui da almeno quattro anni si riuniscono è accatastato come negozio, non come luogo di culto. Al Comune di Marigliano il sindaco Antonio Carpino sa dell’esistenza della moschea, ma dice di non essere in grado di rilasciare dichiarazioni perché non è informato su tutto il resto. A gestire il centro sono principalmente degli uomini di origine marocchina che risultano ben integrati nella comunità locale. Il presidente dell’associazione, Cherki Er Rami, risulta residente nel vicino comune di Mariglianella, ad un numero civico che è risultato impossibile trovare. Molti altri, invece, vivono da tanti anni a Marigliano, dove sono in parecchi a conoscerli. Dell’associazione è stata creata anche una pagina su Facebook, su cui c’è traccia della geolocalizzazione della “moschea”, dei momenti delle assemblee e anche di un calendario con gli orari della preghiera.

La posizione del presidente della Federazione Islamica della Campania

Non abbiamo potuto fare né foto né video all’interno della “moschea”. “Devi chiedere l’autorizzazione al professor Massimo Cozzolino, presidente della Federazione Islamica della Campania, di cui fa parte la nostra associazione”, ha preteso il vicepresidente. “Questa in genere non è una cosa che noi a Marigliano lasciamo fare” è stata la risposta di Cozzolino a una nostra domanda di chiarimento in merito. “Da parte loro c’è una attenzione – ha argomentato – quindi, prima di far entrare un giornalista all’interno di un luogo di culto, è giusto osservare delle regole, che sono le stesse che si osservano per entrare in una sinagoga, per entrare in un luogo di culto cristiano, cattolico che sia, o di altra confessione religiosa. È giusto rivolgersi all’autorità religiosa e chiedere il motivo per cui si intende entrare, e cosa si intende filmare per poter ottenere l’autorizzazione. È una forma di regolamentazione della vita associativa che garantisce anche il rispetto di certe norme”. Ci ha invitato ad inviare una richiesta di autorizzazione tramite e-mail. Fino ad oggi, però, nessuna risposta. Sulla presenza di una moschea abusiva a Marigliano, ha dichiarato: “Non sono abusivi. C’è una mancanza di una normativa che possa regolare questi aspetti urbanistici. Questa situazione riguarda non solo il centro islamico di Marigliano, ma il 90% dei luoghi di culto presenti in Italia. In alcune regioni ci sono normative regionali, e i centri di culto si stanno adeguando e si stanno regolarizzando sotto questo punto di vista”.

«A Napoli sette moschee, solo una a norma»

Cozzolino, che è anche segretario della Confederazione islamica italiana, auspica che “si possa giungere, attraverso delle normative a livello centrale, ad una regolarizzazione anche degli aspetti urbanistici, e quindi legati alla costruzione, all’aspetto propriamente logistico della moschea. Anche perché è doveroso garantire la libertà di culto, consentire ai fedeli musulmani di poter pregare in luoghi dignitosi, nel rispetto della normativa vigente”. Rivela inoltre che in tutta la Campania ci sono “18 moschee”, fanno parte della Federazione islamica che guida a livello regionale. E sottolinea: “In Italia non esistono ufficialmente moschee. Anche quella che viene ritenuta la moschea di Roma è considerata giuridicamente un centro culturale, con un provvedimento del Presidente della Repubblica del 1973”. “Che poi ci siano problemi relativi all’aspetto urbanistico - aggiunge - per il cambio di destinazione d’uso dei locali, questa è un’altra cosa. Però le moschee sono considerate sempre dei centri culturali. A Napoli ce ne sono sette, ma sono tutte così.

L’unica che potrebbe essere considerata a norma è quella di piazza Mercato, perché è in un locale della Provincia, con un’autorizzazione fatta dal consiglio comunale”.

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