Cronache

Il dolore del gioielliere condannato: "Io da vittima a carnefice"

Il gioielliere di Nicosia condannato a 13 anni: "Incubo mai finito". In aula ha un malore: "Sparai perché minacciavano mia moglie"

Il dolore del gioielliere condannato: "Io da vittima a carnefice"

La decisione del pesa come un macigno. Sembra accettarla, ma non riesce a spiegarsi il "perché". Giudo Gianni, il gioielliere di Nicolosi che nel lontano 2008 ha ucciso due banditi (e ne ferì un terzo), è stato condannato dalla Corte di Assise di Catania e ora si trova in una nuova fase dell"incubo". Farà ricorso, certo. Ma "preferirebbe essere già in carcere".

Tutto inizia quando il 18 febbraio del 2008 tre rapinatori assaltano il negozio di Gianni minacciando di uccidere la moglie. I banditi sono armati con una pistola: risulterà finta, ma in quel momento è irriconoscibile senza il tappo rosso. Gianni cerca di difendere la moglie, ingaggia una colluttazione con i banditi e poi esplode i colpi di pistola. Mortali. La difesa aveva cercato di sostenere la legittima difesa, ma per il giudice il gioielliere è colpevole di duplice omicidio e tentato omicido. Il pm aveva chiesto 17 anni di carcere: per l'accusa, l'uomo dopo aver ferito nella colluttazione i banditi gli avrevve sparato mentre questi fuggivano e li avrebbe centrati alle spalle. Inutile il tentativo dei legali, Orazio Gulisano e Michele Liuzzo, di sottolineare come in quei drammatici momenti la mente dell'imputato fosse "offuscata" dal fatto che la moglie fosse appena stata aggredita.

Gianni è stato condannato anche a risarcire i familiari delle vittime che si sono presentati al processo come parti civili. "Il gioielliere non c'è rimasto bene - ha riferito Luizzo all'Adnkronos - Ha detto che non avrebbe voluto neanche fare appello ma che paradossalmente avrebbe preferito essere già in carcere invece che essere da 11 anni a piede libero". Gianni è costernato. È convinto di essere passato "da vittima a carnefice". Le sue parole, raccolte dall'Adnkronos, tradiscono sconforto: "L'incubo non è mai finito - dice - Prosegue come quel famoso sogno dal quale uno si vorrebbe risvegliare. Purtroppo quando un cittadino si trova nei guai per volontà degli altri viene punito perché come ha detto il pm, io da vittima mi sono trasformato in carnefice. Quindi la vittima, che sono io, va a processo".

Il gioielliere, che con la moglie ha avuto un malore alla lettura della sentenza, respinge l'accusa di omicidio. "Sparai perché minacciarono mia moglie con la pistola", ripete. Non si sente un assassino. "Non mi è mai passato per la testa e non ho mai agito volontariamente - ha aggiunto - ma a quanto pare nessuno l'ha recepito". Non capisce il motivo per cui è stato condannato e come sia stato possibile accusarlo "di voler far del male". "Come è possibile logicamente accusare qualcuno di voler fare del male se non ce n'è motivo? Se tu scappi - ha aggiunto- io non ho motivo di seguirti. Dove sta la mia volontarietà di fare del male?". E ancora: "Non ho ucciso qualcuno che, poverino, stava attraversando la strada. Per il rimorso mi sarei ucciso anch'io.

Ma mi vogliono condannare e in questo caso ben venga la condanna".

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