Cronache

Firenze, 16 anni per padre-padrone: vendette figlia per 15mila euro

Il serbo aveva promesso la figlia in sposa ad un connazionale dietro compenso di 15mila euro e, per garantire la sua purezza, l’aveva tenuta segregata in casa per 3 anni. La ragazza aveva chiesto aiuto ad un coetaneo conosciuto in chat ed il padre padrone era finito in arresto: durante il processo di ieri, il pm ha chiesto per lui una condanna a 16 anni

Firenze, 16 anni per padre-padrone: vendette figlia per 15mila euro

Sono stati chiesti 16 anni di reclusione per il padre-padrone di Firenze, che aveva venduto la figlia 13enne ad un connazionale dietro compenso di 15 mila euro, per poi tenerla segregata in casa in attesa della data del matrimonio.

Si tratta di un cittadino serbo di 50 anni, finito in manette il 14 settembre dello scorso anno. Le indagini degli inquirenti attorno alla sua persona andavano avanti dal 2016, a seguito della segnalazione ricevuta da un centro antiviolenza. Stando alla ricostruzione effettuata dagli inquirenti, il 50enne si era messo d’accordo con un altro uomo di etnia rom, ma residente in Francia, che cercava una moglie per il figlio. Secondo i piani dei due, a tempo debito, la ragazza avrebbe raggiunto il fidanzato ancora rigorosamente vergine e sarebbe diventata la sua sposa. Al padre di lei, inoltre, sarebbe stata corrisposta la cifra pattuita. Circa 10 mesi dopo l’accordo, al 50enne era già stato versato un acconto di 4 mila euro.

Affinché la 13enne arrivasse pura al matrimonio, il padre-padrone aveva dunque stabilito che questa restasse costantemente chiusa in casa, salvo rarissime eccezioni. La ragazzina è rimasta imprigionata fra le mura di quell’appartamento delle Piagge (Firenze) per 3 lunghi anni, cadendo a poco a poco nella depressione. In un disperato tentativo di evitare il matrimonio, avrebbe addirittura cominciato ad ingozzarsi di cibo, così da ingrassare e dispiacere ai suoceri ed al fidanzato, che forse non l’avrebbero più voluta.

L’adolescente è infine riuscita a salvarsi grazie alla chat di un videogioco sullo smartphone, dove ha conosciuto un coetaneo della Sicilia al quale ha chiesto aiuto. È stato proprio il ragazzino, col supporto dei familiari, a chiamare il centro antiviolenza e a dare l’allarme.

Una squadra mobile della polizia aveva perciò arrestato il 50enne con l’accusa di riduzione in schiavitù. Durante il processo di ieri, i legali che assistono il serbo hanno chiesto per lui l’assoluzione, mentre il pubblico ministero Angela Pietroiusti ha avanzato la richiesta di una condanna a 16 anni.

La sentenza arriverà con la prossima udienza, programmata per il 4 di ottobre.

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