Scena del crimine

"Uccisa 6 anni prima di Simonetta": l'altra via Poma senza colpevole

Sei anni prima del delitto di Simonetta Cesaroni, nel condominio di via Poma 2 fu uccisa la pensionata 68enne Renata Moscatelli. Un ancora giallo irrisolto: il killer de "la signorina" non è mai stato trovato

Il palazzo di via Poma dove sono state uccise Simonetta Cesaroni e Renata Moscatelli
Il palazzo di via Poma dove sono state uccise Simonetta Cesaroni e Renata Moscatelli

C'è un giallo misterioso che corre tra le mura silenziose del palazzone al civico 2 di via Poma, nel quartiere Prati di Roma, dove il 7 agosto 1990 fu ritrovato il corpo senza vita di Simonetta Cesaroni. Si tratta del macabro omicidio di Renata Moscatelli, una pensionata di 68 anni (nota come "la signorina"), soffocata con un cuscino nella propria camera da letto dopo essere stata colpita alla fronte con una bottiglia semivuota di whisky.

Le indagini condotte dalla squadra mobile di Roma si conclusero con un nulla di fatto: non ci furono mai indagati né sospettati per la fatale aggressione. E proprio come per il caso della giovane Simonetta, a più di 30 anni dal delitto, ancora oggi il killer di Renata non ha un volto. Chi uccise l'anziana donna? "Appare evidente in questa storia la capacità di suscitare fiducia e tranquillità in una vittima particolarmente avveduta, schiva e prudente. Pertanto il killer deve ruotare nelle conoscenze prossime della vittima o comunque presentatosi come collegato a esse ", spiega a IlGiornale.it la criminologa Rosa Francesca Capozza.

Chi è Renata Moscatelli

Nel 1984, anno in cui fu uccisa, Renata Moscatelli è una pensionata di 68 anni. Figlia di un generale dei carabinieri che negli anni '40 era stato vicecomandante dell'Arma, ha trascorso tutta la sua vita nell'appartamento al primo piano della Scala E nel palazzo al civico 2 di via Poma. Sua sorella Adriana, di qualche anno più piccola, ha lasciato il tetto familiare dopo essere convolata a nozze con il marchese Giovanni Theodoli Braschi. Renata invece è nubile e per questo motivo, dopo la morte dei genitori, eredita la casa del quartiere Prati.

Conosciuta dai condomini di via Poma 2 come "la signorina", Renata limita le proprie conoscenze a rapporti di mera cordialità e buon vicinato. È una donna schiva, introversa e profondamente religiosa. Spende gran parte del suo tempo dedicandosi ad attività parrocchiali nella chiesa di Regina Apostolurum dove si reca tutti i giorni per la messa e la recita dei vespri. Lo fa per l'ultima volta una mite serata autunnale, prima di spalancare la porta di casa al suo assassino.

La sera dell'omicidio

Nel tardo pomeriggio di domenica 21 ottobre 1984 Renata va a messa. Al termine della funzione religiosa rientra nel suo appartamento: tra la parrocchia e il condominio di via Carlo Poma 2 corrono solo pochi metri. Forse non è sola, forse è in compagnia di qualcuno quella sera. Attorno alle ore 20 telefona a don Marcello Bolzonello, sacerdote della Compagnia di San Paolo, a cui chiede ospitalità per un conoscente: è l'ultima testimonianza della 68enne ancora in vita.

Il lunedì successivo Renata è stata invitata a pranzo da una conoscente, Rosa Scatolini, che vive nei pressi della stazione Termini. Attorno alle 13 la pensionata non si è ancora presentata all'appuntamento. Insospettita dal ritardo, Rosa telefona all'amica: tenta e ritenta a vuoto. A quel punto decide di contattare la sorella di Renata nella speranza che possa fugare le sue preoccupazioni. Adriana dice di non saperne nulla ma assicura che si premurerà di cercare la sorella.

Il giorno seguente, martedì 23 ottobre, Adriana raggiunge l'appartamento di via Poma. Insieme al portiere dello stabile, Giulio, suona al campanello di Renata senza però ricevere risposta. Temendo che possa avere avuto un malore, valuta la possibilità di chiamare un fabbro ma, dal momento che tra le due sorelle non corre buon sangue per una vecchia storia di eredità contesa, chiede dapprima consiglio al suo avvocato. Ventiquattro ore più tardi, s'imbatterà in una macabra scoperta.

Il ritrovamento del cadavere

Mercoledì 24 ottobre Adriana torna in via Carlo Poma insieme al suo legale e un fabbro a cui chiede di scardinare la porta di ingresso dell'abitazione. Una volta dentro l'appartamento, il gruppetto nota subito alcune anomalie: le luci dell'intera casa sono spente e lungo le pareti, sul pavimento, corre una scia intermittente di sangue che sfuma davanti alla camera da letto di Renata.

Avanzano lentamente fino alla stanza fino a quando scorgono un cuscino insanguinato per terra con accanto alcuni cocci di bottiglia. Poco distante, ai piedi del letto, giace il corpo senza vita della 68enne. Attorno alle 13,30 sulla scena del delitto giunge la squadra mobile di Roma, guidata da Nicola Cavaliere, per gli accertamenti del caso.

Nel corso del sopralluogo gli agenti non rilevano particolari anomalie ma un dettaglio non passa inosservato. Alle finestre non ci sono segni di effrazione e, stando a quanto riferisce la sorella Adriana, dallo svuotatasche all'ingresso manca un mazzo di chiavi.

L'autopsia eseguita sulla salma della pensionata conferma il decesso per asfissia: Renata è stata dapprima colpita e stordita con una bottigliata, poi soffocata con un cuscino. L'esame necroscopico colloca l'ora della morte tra le 18 e le 24 di lunedì 21 ottobre fugando gli ultimi dubbi sulla dinamica omicida. Resta solo un arcano da svelare: chi è il killer?

Via Poma 2

Le indagini

Le indagini finiscono in nulla di fatto: non ci sono indagati né sospettati. Adriana viene attenzionata dagli inquirenti per una frase sussurrata al portiere dello stabile prima che fosse scoperto il cadavere. "Non è che me l'hanno massacrata (Renata ndr)?", sarebbero state le sue parole. Ma la dichiarazione non ha alcuna valenza indiziaria ed esclude il coinvolgimento ipotetico della donna nel delitto.

L'assassino di Renata, la cui identità non sarà mai rivelata, ha agito con accuratezza disponendo del tempo utile per dileguarsi e cancellare tracce eventuali del suo passaggio nella casa della vittima. Ha portato con sé un mazzo di chiavi dell'appartamento e si allontanato da via Poma indisturbato.

Identikit del killer

Al netto di ogni possibile congettura o supposizione sulla reale identità dell'assassino di Renata, è possibile tracciare un profilo criminale dell'omicida. "Partendo dall'autopsia psicologica della vittima, analizzando la scena del crimine e il modus operandi del killer, possiamo ritenere che l'assassino sia di genere maschile, nella fascia d'età tra i 40 e i 50 anni (statisticamente rilevante in tale assetto delittuoso), statura medio alta, di corporatura media, capace di ispirare fiducia nella vittima - spiega la criminologa Capozza - Considerando la scena del crimine mista, in cui appaiono elementi organizzati e disorganizzati, il killer risulta capace di controllare umore ed emozioni. Si tratta di un calcolatore con motivazione economica (non manca nulla nell'appartamento umilmente arredato, ma le cornici portaritratto sono smontate, immaginate come possibili nascondigli), acuto osservatore".

Il mistero del "signor Mardocci"

Ci sono numerosi punti oscuri nel delitto. Uno di questi riguarda la misteriosa telefonata che Renata, qualche ora prima di essere uccisa, ha fatto a don Marcello Bolzonello, il prete della parrocchia che era solita frequentare.

Nel corso di una puntata di "Chi L'ha Visto?", il giornalista Giuseppe Pizzo ha ricostruito la conversazione tra intercorsa il sacerdote e la pensionata. Renata avrebbe chiesto al curato di ospitare per la notte tra il 21 e il 22 ottobre un tale "signor Mardocci" che, a quanto pare, aveva "smarrito le chiavi di casa". Poco dopo un uomo avrebbe richiamato padre Bolzonello per disdire la prenotazione per conto della signorina Moscatelli.

È "Mardocci" l'assassino di Renata? Ma soprattutto si tratta di un cognome inventato? "Potrebbe esserlo, considerato che non è stato possibile identificarlo successivamente, non appartenendo neanche a conoscenze della vittima, e che una voce di uomo contatta dopo un'ora don Marcello chiedendo di disdire la prenotazione della signorina Moscatelli, senza pronunciare il nome 'Mardocci' quasi a poter significare che avesse difficoltà a ricordarselo".

Le analogie con il delitto di Simonetta Cesaroni

L'omicidio di Renata Moscatelli, per quanto non abbia suscitato grande clamore mediatico, presenta delle analogie con quello di Simonetta Cesaroni, avvenuto 6 anni più tardi:

  • entrambe le vittime sono state uccise nel condominio al civico 2 di via Poma (in due edifici diversi dello stesso complesso abitativo) tra le ore 18 e la mezzanotte;
  • ambedue sono state colpite alla fronte per essere stordite. Simonetta fu aggredita con un pugno alla tempia prima di essere trafitta con 29 coltellate, Renata venne presa a bottigliate sulla fronte;
  • in entrambi i casi l'assassino ha utilizzato come arma del delitto un oggetto di fortuna trovato in casa della vittima. Nel caso di Simonetta un tagliacarte; in quello di Renata un cuscino;
  • gli appartamenti risultarono abbastanza in ordine, con soli pochi oggetti spostati dalla posizione iniziale;
  • verosimilmente, sia Simonetta che Renata conoscevano il loro assassino. In entrambi i delitti infatti non risultano segni di effrazione alle finestre. La logica suggerisce che le vittime abbiano fatto entrare volontariamente nell'appartamento l'aggressore;
  • da ultimo, dopo l'omicidio, il killer ha richiuso la porta d'ingresso con quattro mandate portando via con sé un mazzo di chiavi.

Simonetta e Renata, uccise dallo stesso assassino?

Due omicidi avvenuti nello stesso condominio, a circa 6 anni di distanza l'uno dall'altro, con molteplici analogie: Renata e Simonetta sono state uccise dallo stesso assassino? "Inizialmente valutai questa possibilità ma è una ipotesi che ritengo altamente improbabile. Il modus operandi e la firma psicologica del killer è diversa nei due delitti. Certo, sarebbe clamoroso scoprire che si tratti della stessa persona ma non credo sia una pista praticabile", spiega alla nostra redazione il criminologo Carmelo Lavorino.

Gli esperti appaiono concordi su questo punto. "In realtà ciò che distingue i due casi appare il movente: decisamente passionale per Simonetta, economico quello di Renata. La motivazione è la discriminante principale che può far propendere per la presenza di due differenti killer", conclude la dottoressa Capozza.

A distanza di anni dai tragici eventi resta il mistero degli assassini senza volto di Simonetta e Renata.

Un giallo, quello di via Carlo Poma 2, che sembra destinato senza risposte ancora per lungo tempo.

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