Cronache

Hanno inquinato pure i ragazzi

Migliaia di adolescenti nelle piazze di tutto il mondo per difendere la terra Ma la sinistra li strumentalizza soltanto per fini politici. E loro stessi...

Hanno inquinato pure i ragazzi

Nel nome della madre terra e il venerdì come giorno santo. I ragazzi delle città d'Europa scendono in piazza, a battezzare una primavera che temono troppo calda, con il sogno di salvare questo pianeta ormai troppo piccolo e affollato, rimediando all'ultimo minuto agli errori di un'umanità a lungo cieca e sciagurata. Ti chiedi se tutto questo sia davvero una svolta improvvisa che piomba sul tavolo della politica e spiazza, rimescola le carte, cambia i confini del consenso, magari recuperando i voti di delusi e disillusi. C'è chi ci spera, anche in Italia. Gli elementi per crederci ci sono tutti, sembra la sceneggiatura di un film scritto e girato per vincere l'Oscar. Il tema di fondo è perfetto. C'è l'apocalisse all'orizzonte e i saggi, i coraggiosi, i puri di cuore si battono per salvare qualcosa che appartiene a tutti: la terra. Poi c'è Greta, Greta Thunberg, la ragazza testarda, con una madre cantautrice, che sfida gli ignavi, con le sue trecce scandinave, forte, determinata, divergente. Ha lo stesso carisma delle protagoniste dei romanzi epici o distopici della letteratura young-adult. È come Katniss, la protagonista di Hunger Games, la ragazza di fuoco, con lo stemma della ghiandaia imitatrice sul petto; o come Tris di Divergent. Tutte e due hanno sedici anni e non hanno paura di ribellarsi contro le ragioni del potere.

Le parole chiave e la colonna sonora erano lì da tempo e bastava recuperarle. Do it now, scritta per una manifestazione in Belgio sul clima nel 2012, si sviluppa sulle note di Bella Ciao e ora è l'inno dello sciopero globale. Una canzone italiana simbolo della Resistenza che supera il Novecento e ritrova una nuova stagione di gloria grazie alla serie spagnola La casa de papel. È lo stesso pubblico, quello di Netflix, che ha abbandonato la tv generalista, vagamente arcobaleno, che cerca nelle macerie del passato qualcosa in cui credere, non popolare e non populista. Alla regia una start up che conosce le strategie del marketing intelligente come We Do Not Have Time e sa come disegnare una storia di successo.

Ci sono insomma tutti gli ingredienti per costruire uno spazio politico nuovo, che regala alla vecchia sinistra senza più punti di riferimento qualcosa per cui valga la pena di scendere in piazza. Qualcosa che va oltre i confini tradizionali, perché la madre terra è un simbolo che raccoglie consensi anche tra gli indecisi, come dimostrano i verdi in Germania. Il «movimento del venerdì» potrebbe rubare voti anche ai «grillini» di tutto il mondo, che in pochi anni stanno mostrando gli acciacchi di chi è arrivato al potere senza avere nulla alle spalle. La sinistra tradizionale, quella socialdemocratica ed europea, sta chiaramente facendo di tutto per mettere il cappello sui sogni dei ragazzi del '19.

Qualcosa però in questa bella storia costruita un po' troppo a tavolino non torna. Il problema non sono chiaramente né Greta e neppure i milioni di ragazzi come lei. Sono loro la parte spontanea, quella da capire, da decifrare, da studiare e che si porta tutta l'allegria e la forza dei sedici anni. È quello che ci gira intorno che puzza di vecchio, perché poi a blandirli ci trovi le solite facce, le stesse combriccole di sempre, che hanno perso voti perché ogni cosa è strumentale solo al loro potere, la festa degli sponsor che vede in tutto questo una giostra per fare affari. E finiranno per sporcare anche i sogni della madre terra. È questo il punto debole del film. Troppo perfetto, troppo studiato a tavolino, tanto da non sembrare vero.

Questo odore di falso finirà per appassire la primavera dei sedicenni.

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